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letteratura tedesca

Martin Walser, “Dopo l’intervallo”

MARTIN WALSER – Dopo l’intervallo – Feltrinelli

walser“… questa è la vita umana; nessuno ha voglia di alzarsi in piedi e di attendere in posizione eretta il prossimo lampo distruttore di un dio o del nulla. Dovrebbero darci un altro tipo di educazione, dovrebbe venire uno che non fosse asservito alle nostre barbare comodità, […] uno che sapesse semplicemente gridare tutto quello che sa, anche ai bambini in fasce, per impedire loro di abituarsi. Quanto a noi, siamo già venduti”.

Martin Walser è un narratore estremamente loquace; alla sua loquela inarrestabile bisogna rassegnarsi, bisogna arrendersi al flusso continuo delle sue parole e lasciarsi trasportare con la consapevolezza che il viaggio sarà molto lungo e non sempre esaltante. Spesso avaro di attrattive, a volte decisamente ridondante, a volte tagliente e ironico, sempre debordante, Walser può respingere oppure ipnotizzare. Almeno in questo romanzo e nel suo seguito, “L’unicorno”, perché a detta di Italo Alighiero Chiusano (“Coppie incrociate”, in “Literatur. Scrittori e libri tedeschi”) sembra aver dato il meglio di sé in un romanzo successivo, “Un cavallo in fuga”, riuscendo ad essere “nitido fino all’intrepidezza” e rinunciando a quelle “nebbiosità criptografiche” che aleggiano nelle pagine dei suoi primi romanzi di più ampio respiro, ma anche di più evidente ambizione. Così come appare asciutto e misurato, un congegno perfettamente funzionante, privo di sbavature e divagazioni, lo stile di Walser nei suoi primi racconti, almeno a giudicare dalla lettura de “Il ritorno di un collezionista”, contenuto in traduzione italiana nella raccolta “Il Dissenso. 19 nuovi scrittori tedeschi presentati da Hans Bender”, dove il tema è quello del ritorno alla vita precedente dopo la fine della guerra, tema delicatissimo, pregno di suggestioni, pericolosamente connaturato a ferite profonde e insanabili, evocatore per sua natura di ciò che attiene alla sfera del sentimento, che Walser sceglie di trattare con delicata e affettuosa ironia, raccontando le vicende di uno strampalato personaggio e della sua commovente passione per le piume degli uccelli, vicende che assurgono a simbolo di una possibile e ritrovata socialità.

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