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Jergović, “Hauzmajstor Šulc il custode della memoria”

MILJENKO JERGOVIĆ – “Hauzmajstor Šulc il custode della memoria” – Libri Scheiwiller

Miljenko Jergović è una delle voci più singolari della nuova letteratura europea: poeta, romanziere, drammaturgo, è nato a Sarajevo nel 1966 e qui ha compiuto i suoi studi, fino al precoce debutto poetico nel 1988. Poi viene la guerra, l’assedio di Sarajevo, la fuga dalla città, la scelta di Zagabria per vivere e lavorare, la nostalgia.

Jergović è forse maggiormente noto per le sue opere narrative (“Le Marlboro di Sarajevo”, “I Karivan”, “Mama Leone”) grazie alle quali ha ottenuto prestigiosi riconoscimenti in tutta Europa (con “Mama Leone” nel 2003 ha vinto il premio Grinzane Cavour nella sezione narrativa straniera). Credo però che questa raccolta di poesie contenga, condensati ed esaltati, molti dei suoi temi privilegiati: la nostalgia, la guerra, il ricordo, l’amore per il proprio popolo. Jergović conosce bene la guerra e possiede la capacità di mostrarne gli effetti, quelli evidenti, ma anche quelli più sottili e nascosti, quel senso irrimediabile di distruzione di comunità, di realtà sociali, di quotidianità che solo il ricordo può far rivivere e, naturalmente, le parole, quando diventano poesia.

 Il romanzo “Le Marlboro di Sarajevo” finisce con queste frasi: “Tutto questo accadeva dopo un sibilo e un boato, esattamente un anno fa. Forse proprio nello stesso giorno in cui tu leggi queste righe. Accarezza dolcemente i tuoi libri, straniero. E ricorda che sono polvere”.

Questo bellissimo libro di poesie è stato definito “la Spoon River balcanica” per il suo carattere di poema corale. Il filo conduttore è costituito dalla voce narrante, quella di Šulc, che è l’Hauzmajstor, cioè il custode riparatore, un uomo anziano, che possiede la pazienza e la sapienza di chi ha passato la vita a riparare gli oggetti e le abitazioni dei suoi compaesani. E’ attraverso i suoi occhi che noi entriamo in un paese che non esiste più (perché distrutto o abbandonato a causa della guerra) e diventiamo spettatori della vita dei suoi abitanti. Assistiamo a nascite, morti, malattie, piccoli avvenimenti quotidiani, grandi gioie e follie, insomma al teatro della più varia umanità. Šulc accorre quando c’è bisogno di lui, ripara ciò che si può aggiustare o si limita ad osservare, in silenzio, l’irreparabile.

Quando ho acquistato questo libro non conoscevo l’autore, mi hanno attirato questi versi, letti aprendo a caso il volume: “…sotto questa città c’è un bosco dorato/ non abitato da merlo, lepre, o cacciatore/ quando in rovina andrà ogni nostra cosa/ e gli archeologi cercheranno le nostre tracce,/ di questa città, pietra su pietra,/ di coloro che in essa hanno vissuto – nulla,/ ma per miracolo di natura tutto il mondo saprà/ che in questa valle invece che di pietra/ i fossili delle nobili piante/ divennero fossili d’oro”.

Credo di aver trovato un pezzetto di quell’oro.

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