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Maurizio Salabelle, “Il caso del contabile”

MAURIZIO SALABELLE – Il caso del contabile – Garzanti

il-caso-del-contabile“Della sua voce un po’ sommessa che non riusciva ad alterarsi alzando i toni, ma solo e sempre deviando in direzioni poco prevedibili, ci rimane ora solo il versante scritto, quella che siamo soliti chiamare «voce narrativa», come se ciascun narratore ne avesse una per dotazione naturale. Invece solo pochi narratori hanno una voce propria e riconoscibile nella pagina scritta, una voce che identifichiamo in mezzo a qualunque folla, senza possibilità di errore. Maurizio era uno di questi.”

Così Dario Voltolini parla di Salabelle in un articolo pubblicato su “La Stampa” il 22 febbraio 2003, in occasione della prematura morte dello scrittore, come si legge nel sito web dedicato a lui ed ai suoi libri. Una voce narrativa propria e riconoscibile: ciascun lettore sa bene la soddisfazione che si prova quando, avendola sperimentata con entusiasmo la prima volta, la si ritrova ancora, più volte, in altre opere dello stesso autore, perché allora si instaura una vicinanza, una comunanza tra autore e lettore che permette al libro di continuare quella vita per cui è nato. Una voce che è altro rispetto a tutte le altre voci, deviante e imprevedibile, e anche sorprendente perché apre ad un punto di vista inedito che acuisce la conoscenza di quello spicchio di umanità di cui facciamo parte e, facendolo, emoziona, in sordina, di sfuggita, con una sorta di noncuranza divertita, con quella sua evidente affezione per il grado zero dell’enfasi, il tono basso, lo sguardo acutissimo ma rasoterra, perché ciò che si coglie da lì è un intero mondo letterario.

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Maurizio Salabelle, “Il maestro Atomi”

MAURIZIO SALABELLE – Il maestro Atomi – COMIX

atomi“Ai piedi aveva le sue solite pantofole dalla stoffa a strisce nere e marroni, ma tutte inzuppate d’acqua fredda e con le suole di plastica senza più adesivo. Sulla punta di una delle ciabatte si era formata della schiuma che sibilava producendo delle grosse bolle. Nella mano destra, che teneva sospesa elegantemente, stringeva una copia del giornale che comprava ogni giorno sotto casa nostra”.

Bastano poche righe per ritrovarsi nel mondo bislacco di Salabelle, poche righe scelte assolutamente a caso da una delle sue pagine. E’ un mondo rifinito e in sé concluso, comprensibile a chi accetta di rivestirsi dei suoi stessi colori – comprensibile ed addirittura accattivante – ma i colori sono quelli dello sbigottimento costante, candido, ingenuo e accomodante, della pacifica e rassegnata accettazione delle infinite occasioni di disgusto che si celano nella quotidianità e della disponibilità assoluta all’azione, convinta ed energica, anche se l’azione ubbidisce ad una necessità incomprensibile, se prevede un dispendio di tempo e di energie eccessivo, soprattutto se rapportato alla completa insensatezza del risultato che si propone di ottenere. Si può fare l’abitudine al senso di straniamento fino al punto di entrare nella logica della illogicità e della più gratuita stramberia? E si può convivere con il disgusto fino al punto di avvertire, ben nascosto sotto i rivoltanti aspetti del reale che lo alimentano, una infinita tenerezza per la povera umanità afflitta dal bisogno, da ogni genere di quotidiano, elementare e persino banale bisogno? Deve essere possibile perché è ciò che avviene se ci si inoltra nella produzione di questo splendido e “ovviamente” quasi dimenticato scrittore italiano. All’interno della quale, in un modo tutto speciale, “Il maestro Atomi” costituisce una sorta di romanzo di formazione, o meglio una raccolta di racconti di formazione che rendono conto di alcuni episodi rivelatori dello stravagante apprendistato a cui l’alunno Attriti Luigi, quasi suo malgrado, è costretto a sottostare insieme ai suoi compagni, frequentando le lezioni di una scuola a dir poco bizzarra.

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Maurizio Salabelle, “La famiglia che perse tempo”

MAURIZIO SALABELLE – La famiglia che perse tempo – Quodlibet

copertina_salabelle_b“Abbiamo solo cambiato casa trasferendoci dirimpetto, – sentenziò durante una cena nella quale eravamo tutti annoiati – eppure, come se si fosse verificato un rivolgimento tellurico, vediamo tutto secondo un altro punto di vista. Ciò dovrebbe indurci a riflettere, farci rendere conto dell’assoluta relatività di ogni visione del mondo”.

Con questo romanzo vede la luce la creatura letteraria di Salabelle, un essere talmente disarmato e disarmante da suscitare fin da subito una disperata affezione nel lettore che, pagina dopo pagina, si ritrova in bilico tra lo sconcerto per la sua inconcludente inettitudine, la risata per la irresistibile comicità delle situazioni che lo vedono coinvolto e l’irrimediabile pena, con tanto di stretta al cuore, per quella sua esibita incapacità di districarsi tra le inezie del quotidiano, per quello stupito candore con cui osserva il mondo. E considerando quel suo essere uno zero, uno zero spaccato, una nullità, come non pensare agli antieroi di Robert Walser, all’aria delle “regioni inferiori” che essi respirano, alla dismissione, alla resa, al loro chiamarsi fuori dalla lotta per la sopravvivenza, per il riconoscimento sociale, l’apprezzamento, il prestigio, per la realizzazione di sé; come non avvertire l’impressione liberatoria di una atmosfera straniante e allucinata, ma appena di un passo fuori dalla mischia, di una dimensione insomma insieme vagamente familiare e del tutto inedita e stupefacente?

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