KRATOCHVIL JIRI – “Nel cuore delle notti un canto” – Anfora
“… mi rivolgo a lei, ed è come se non facessi altro che raccontarle ininterrottamente tutta le mia vita conformandola alla sua immagine, come se vivessi unicamente per la necessità di raccontargliela e di trasformare il pane e il vino della realtà nella carne e nel sangue di quelle lettere, come se solo attraverso il racconto la realtà prendesse vita (facendosi densa, dolce e dorata) e io non fossi altro che un intermediario, tanto che a volte mi domando con angoscia, c’è qualcos’altro al di là di quelle lettere? e chi sono mai io? sono quello di cui si narra, o sono il narratore, e non ci sarà stata, tanto tempo fa e chissà dove, una casuale sostituzione, e io sarò l’ultimo a saperlo?…”
Per Gosta e Nadezda
L’espressione “ingegnere delle anime umane” pare fosse usata da Stalin per definire lo scrittore. Come l’ingegnere progetta e costruisce i macchinari, così lo scrittore deve costruire l’anima dell’Uomo Nuovo. Questo libro è dunque il racconto di uno scrittore. Sottotitolo: “Entertainment su vecchi temi: la vita, le donne, il destino, i sogni, la classe operaia, le spie, l’amore e la morte”, ovvero, tutto il mondo di Josef Skvorecky. Mentre terminavo la lettura di questo libro infinito (942 pagine escluse le note) tentavo di capire che cosa mi spinge a leggere questo autore (perchè continuerò a leggerlo, cercando il suo capolavoro che si nasconde da qualche parte).
“L’effimera fretta del tempo”
Con lentezza ed estrema cautela, a piccoli passi, un libro ogni tanto. Qui l’aria è rarefatta e da questi labirinti si può anche non uscire. La voce di Borges è quella di una sirena. Se ci si innamora di lui, poi che cosa si può leggere?
“Il mondo è un certo numero di tenere imprecisioni”
“Being There”, ovvero “Presenze”, ovvero “Oltre il giardino”. Apprendo dalla Postfazione di Beniamino Placido che l’autore lo considerava il più diabolico dei suoi libri, come riteneva Chance, il giardiniere, il più crudele dei suoi personaggi, proprio perchè trattato così crudelmente dal destino, cioè dal caso. “Debole, ingenuo, asociale, afasico, asessuato è al di là di ogni possibilità di riscatto, di redenzione. E’ già morto, è già condannato.” Eppure sopravvive, e vince, e questo è ciò che fa di questo romanzo, in apparenza idilliaco e lieve, un pugnale che scava nelle contraddizioni del mondo contemporaneo che non è certo il migliore dei mondi possibili.
“Un burattino nelle mani di un sogno”
Nella galassia della letteratura mitteleuropea, Loetscher è l’ultima stella della costellazione svizzera che comincia a comporsi nella mia libreria. Li ho incontrati in ordine sparso, ma tutti hanno lasciato un segno, ognuno a suo modo. Gottfried Keller, Robert Walser, Max Frisch, Friedrich Durrenmatt, Ugo Loetscher, Adolf Muschg. Mi riprometto di tenerli d’occhio, cerco di seguire le loro strade, che a volte si incrociano, a volte conducono in luoghi molto lontani. Per quanto ne so, questo è l’unico romanzo di Loetscher tradotto in italiano. L’ispettore delle fogne è un personaggio eloquente, nel vero senso della parola, un personaggio che si impone per la sua eloquenza. Ci si aspetta di trovare un omiciattolo remissivo e solitario che sceglie di vivere nascosto nelle condutture ad occuparsi di acque di scolo perchè non ha il coraggio di affrontare la vita in superficie. Invece l’ispettore, in questo suo lunghissimo discordo, in questa sua relazione sulle fogne, ci dà una lezione di senso, ci espone la filosofia delle acque di scolo, ci illumina con la sua competenza e intanto parla di sè e della sua vita, dei tanti strampalati personaggi che ha incontrato svolgendo un lavoro di cui è giustamente orgoglioso.
Vol.I: “Pasenow o il romanticismo”