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Pekic, “Il tempo dei miracoli”

BORISLAV PEKIC – “Il tempo dei miracoli” – Fanucci

Borislav Pekic è uno dei più importanti e prolifici scrittori serbi del Novecento. Danilo Kis, suo coetaneo e amico, gli ha dedicato una delle biografie che compongono il suo romanzo “Una tomba per Boris Davidovic”. A sua volta, Pecik gli ha dedicato il romanzo “Come placare il vampiro”, una discesa nell’inferno del totalitarismo e nelle esperienze più tragiche e fosche dell’Olocausto. Una considerazione sconsolata: dell’immensa produzione di Pekic, tradotta in quasi tutte le lingue europee, solo due romanzi sono apparsi in Italia: “Come placare il vampiro”, nel 1993 e “Il tempo dei miracoli”, nel 2004. Entrambi i libri sono introvabili. Devo questa copia ad un utente della rete che, non avendo interesse per il libro, invece di buttarlo, l’ha messo in vendita (opera meritoria che permette ai capolavori di restare in vita e di circolare).

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Colic, “I bosniaci”

VELIBOR COLIC – “I bosniaci” – Giunti

“Verrà il tempo di un popolo mansueto,

Che avrà onore, ferite e tristezze in abbondanza,

Un popolo che avrà un potere più grande eppure magnanimo,

E avrà pianura e mare, libri e angeli…

                                                  

Verrà il tempo di un popolo mansueto,

Che avrà il cimitero più grande, e la più grande testa,

il vento e il buio,

Di un popolo disperso, che vivrà a lungo

al nord e al sud, dentro la falce di luna…”

(VESELKO KOROMAN, poeta bosniaco)

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Kovac, “La città nello specchio”

MIRKO KOVAC – “La città nello specchio” – Zandonai

Ora che si è sedimentato nel ricordo della lettura, mi appare chiaro che questo libro di Kovac mi parla con due voci: una è quella dello scrittore che ricerca e rievoca le sue radici attraverso ricordi, visioni, illusioni, interpretazioni a posteriori di eventi e incontri (“con uno stile rapsodico”, “elaborando una poetica balcanica”, come recita la quarta di copertina, che accomuna l’autore a Andric e Kis); l’altra è quella dello scrittore che, sospendendo la narrazione, interviene, approfittando, sembra, dell’attenzione che è riuscito ad ottenere, per rivolgersi direttamente al lettore e per comunicargli quello che evidentemente nel corso degli anni è venuto in lui maturando riguardo alla scrittura e allo scrivere.

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Jergović, “Hauzmajstor Šulc il custode della memoria”

MILJENKO JERGOVIĆ – “Hauzmajstor Šulc il custode della memoria” – Libri Scheiwiller

Miljenko Jergović è una delle voci più singolari della nuova letteratura europea: poeta, romanziere, drammaturgo, è nato a Sarajevo nel 1966 e qui ha compiuto i suoi studi, fino al precoce debutto poetico nel 1988. Poi viene la guerra, l’assedio di Sarajevo, la fuga dalla città, la scelta di Zagabria per vivere e lavorare, la nostalgia.

Jergović è forse maggiormente noto per le sue opere narrative (“Le Marlboro di Sarajevo”, “I Karivan”, “Mama Leone”) grazie alle quali ha ottenuto prestigiosi riconoscimenti in tutta Europa (con “Mama Leone” nel 2003 ha vinto il premio Grinzane Cavour nella sezione narrativa straniera). Credo però che questa raccolta di poesie contenga, condensati ed esaltati, molti dei suoi temi privilegiati: la nostalgia, la guerra, il ricordo, l’amore per il proprio popolo. Jergović conosce bene la guerra e possiede la capacità di mostrarne gli effetti, quelli evidenti, ma anche quelli più sottili e nascosti, quel senso irrimediabile di distruzione di comunità, di realtà sociali, di quotidianità che solo il ricordo può far rivivere e, naturalmente, le parole, quando diventano poesia.