JOSEPH ROTH – “Fuga senza fine” – Adelphi
Dalla quarta di copertina, un consiglio di lettura irresistibile:
“…abbandonatevi al corroborante piacere di ascoltare il più intelligente, il più leggero, il più penetrante racconto della Distruzione inventato tra le Due Guerre”. (Alfredo Giuliani)
Capita, raramente ma a volte capita, di imbattersi nella quarta di copertina di un libro a lungo atteso, in una parola illuminante che sia nello stesso tempo guida alla lettura e progressiva conferma, se non addirittura superamento, delle proprie aspettative. Nel caso di questo straordinario racconto, questa parola è per me “distruzione”. Conosco Roth come cantore di un mondo ai suoi epigoni, ma mai come in questo testo, mi è apparsa evidente la sua capacità di trasmettere al lettore la poesia della fine. Perchè è sull’orlo della dissoluzione che per un attimo, un breve attimo si può cogliere tutta la portata e la potenzialità dello straniamento, lo sguardo sul mondo agli epigoni diventa rivelatore, persino cantore di questo mondo, a cui si può guardare con ironia, ma anche con affetto complice, con comprensione e con crudeltà, o, persino, con la curiosità del cronista.