LUDWIG WITTGENSTEIN – Diari segreti – Laterza
“Si potrebbe fissare il prezzo dei pensieri. Alcuni costano molto, altri poco. E con che cosa si pagano i pensieri? Io credo così: con il coraggio” (Ludwig Wittgenstein)
Per chi ama la letteratura austriaca del Novecento, imbattersi nei “Diari segreti” di Ludwig Wittgenstein nella ormai quasi introvabile edizione Laterza è una vera fortuna, soprattutto per chi, come me, non sia sufficientemente attrezzato per affronatre la lettura del “Tractatus logico-philosophicus” in modo consapevole e, soprattutto, utile alla comprensione della sua influenza sulla cultura mitteleuropea del secolo scorso e sulle peculiarità delle forme artistiche di un tempo – e di un luogo – così tormentato, ma così fervido, terreno di incubazione di intense voci poetiche e di una grandissima prosa, di una letteratura che fiorisce comunque sul limitare del dire filosofico. Una fortuna perché gli scritti privati del filosofo non sono separati dalla sua speculazione ma, anzi, in un certo senso nascondono il seme da cui essa si genera; perché il volume è curato in modo generoso e attento da Fabrizio Funtò che lo arricchisce di utilissimi apparati e note e, infine, perché è introdotto da un lungo saggio di Aldo Gargani, dal titolo “Il coraggio di essere”, un libro nel libro, una guida che conduce il lettore, passo dopo passo, non solo all’interno dei “Diari segreti”, ma anche – e soprattutto – all’interno del pensiero di Wittgenstein, ad individuare le spinte generatrici del suo lavoro intellettuale. Un saggio che, nella mia esperienza di lettrice, si colloca, come un anello all’interno di una stessa catena, a fianco delle altre opere che Gargani dedica a due delle pietre miliari del Novecento letterario austriaco: “La frase infinita: Thomas Bernhard e la cultura austriaca” e “Il pensiero raccontato. Saggio su Ingeborg Bachmann”. Una letteratura che è esigenza etica della verità – o almeno “scoperta del contenuto di verità della menzogna”, come afferma lo stesso Bernhard – ma che, nel suo dispiegarsi, nel suo distendersi e fiorire, costruisce trame avvincenti mediante un pensiero che non è asservito ai fatti, ma che li disarticola e ricompone all’infinito; una poesia che è “ricerca di frasi vere”, per usare un’espressione cara alla Bachmann, e quindi, per se stessa, utopica, perché unisce all’acutezza dell’esigenza etica della verità la nostalgia di una parola che sosta ai limiti dell’indicibile, di ciò che non può essere detto ed esplicitato. Una letteratura costituita da esercizi di pensiero e di linguaggio, esattamente come di esercizi di pensiero e di linguaggio è fatta la speculazione filosofica di Wittgenstein.