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STIG DAGERMAN, “Il serpente”, Iperborea

Traduzione e postfazione di Fulvio Ferrari

“Se la letteratura è un gioco di società, allora voglio imbrattare i miei piedi di nero, uscire nel crepuscolo e farmi amico dei serpenti e del piccolo ratto delle sabbie. Se per qualcuno la letteratura è una condizione di vita, non dimenticate i sandali a casa, state attenti ai mucchi di pietre! Ora i serpenti attentano al mio calcagno, ora mi disgusta il ratto delle sabbie.”

Incredibilmente scritto a soli ventidue anni, prima opera dell’autore, “Il serpente” delimita a mo’ di avvertimento la cerchia di lettori a cui appare destinato mediante l’esergo sopra riportato, distinguendo con lapidaria sicurezza la letteratura intesa come “gioco di società” da quella che si caratterizza come vera e propria “condizione di vita”, poche righe che offrono già un primo assaggio della natura anarchica e spiazzante, anticonformista e personalissima della scrittura di Dagerman. Anarchica già a partire dalla struttura della narrazione, in bilico tra il romanzo e la raccolta di racconti, che dipana avvenimenti e personaggi legati da fili sotterranei, da indizi sparsi nel testo anche a distanza di pagine, da suggestioni che  devono essere avvertite e seguite con grande attenzione se si vuole cogliere tutta la profondità e la bellezza aspra di questa opera prima che già dice molto sul talento del suo autore.

C’è una tessitura sulla quale si dipanano le vicende narrate nelle due parti del testo – e nei cinque capitoli della seconda – che le rende, pur nelle loro trame diverse, affini e accattivanti per il lettore che procede come se aprisse delle scatole cinesi, avendo a volte l’impressione di aver raggiunto il senso compiuto, il cuore della scrittura di Dagerman, di possedere tutte le chiavi interpretative sparse nel testo, e a volte di essere ancora lontano dalla piena comprensione di una narrazione che affascina e nello stesso tempo suscita interrogativi. E’ ciò che mette bene in luce Fulvio Ferrari nella sua postfazione quando definisce “Il serpente” un libro straordinario ma non facile: “Pochi libri richiedono tanta attiva partecipazione del lettore per ricostruire vicende in parte narrate e in parte alluse, per cogliere i rimandi che percorrono il testo e riconoscerne il significato simbolico, per collegare tra loro riferimenti dei quali si svela il senso solo nella loro concatenazione”.

Qries
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Strindberg, “La stanza rossa”

AUGUST STRINDBERG – “La stanza rossa” – De Agostini

“… ho letto Strindberg. Non lo leggo per leggerlo, ma per posare la testa sul suo petto. Egli mi tiene come un bambino sul braccio sinistro. Vi sto seduto come un uomo su una statua. Dieci volte in pericolo di scivolar giù, all’undicesimo tentativo siedo saldamente, sono sicuro, e ho un ampio orizzonte.” (Franz Kafka, “Diari”)

Leggete le pagine in cui Falk racconta della sua carriera di burocrate e descrive il funzionamento dell'”Ufficio di accertamento delle Imposte” o della “Direzione Generale delle pensioni degli Impiegati” o, soprattutto, dell'”Ente per il pagamento degli stipendi degli impiegati” e ditemi se, amando Kafka di imperituro amore, riuscite a non rabbrividire all’idea che queste pagine Lui le ha lette e ammirate, probabilmente inorridito e affascinato, ben prima di noi…

Qries