OTTO LUDWIG – “Tra cielo e terra” – Salerno
“Fra cielo e terra è il regno del copri tetti. Giù in fondo il formicolio rumoroso dei viandanti sulla terra, su nell’alto i viandanti del cielo, le nuvole silenziose dal passo smisurato.”
Ecco un bellissimo romanzo che riassume in sé i motivi che da sempre mi fanno amare la letteratura tedesca. Un romanzo dove il cielo è cielo e la terra terra, dove l’autore è in grado di delineare caratteri che hanno l’intransigenza della verità. Il bene e il male sono condotti con mano salda verso il loro compimento e dispiegati al punto massimo delle loro potenzialità.
Il male è un’ombra cupa e il bene una luce abbagliante, entrambi impossibili, entrambi esasperati, ma, in nessun punto della vicenda, utilizzati a scopi moralistici o didascalici, asserviti unicamente alle indiscutibili ragioni della narrazione. E, come spesso accade nella letteratura tedesca dell’ottocento, la sensazione di essere all’interno di una narrazione “favolistica”, una sorta di favola moderna, naturalmente, dove i personaggi agiscono mossi dalle loro diverse psicologie e non certo da un ruolo prefissato. E ancora, su tutto, la straordinaria capacità di Ludwig di “poetizzare” la realtà, mediante il lirismo che permea di sé il palcoscenico naturale che fa da sfondo agli eventi, li accompagna e li anticipa. Un esempio, su tutti, è in questa capacità che la natura racchiude in sé di essere premonizione e avvertimento della disgrazia che sta per avvenire: “Per tutto il giorno si erano accumulate nubi nere decisamente diverse per forma e colore da quelle che solitamente appaiono nel cielo invernale. Il loro colore cupo avrebbe dovuto formare un contrasto insopportabilmente vivace con la neve che ricopriva monti e valli e vestiva come una spuma di zucchero i rami degli alberi spogli, se il loro riflesso non avesse moderato il candore. Ogni tanto il contorno di quella tenebrosa rocca di nuvole si abbassava in festoni flosci. Questi avevano l’aspetto di comuni nuvole di neve e il loro torbido grigiore rossiccio trasmetteva il nero plumbeo degli strati superiori al bianco sporco della terra e ai suoi riverberi cinerei. Tutta quella massa gravava immobile sulla città. Il buio andava aumentando.” La traduzione raffinata di Ervino Pocar permette ai lettori italiani di cogliere il grande stile di un autore capace di individuare nella realtà “valori nascosti di bellezza”.