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Zweig, “Sovvertimento dei sensi”

STEFAN ZWEIG – “Sovvertimento dei sensi” – Corbaccio

Ogni volta che mi imbatto in una pagina di Stefan Zweig mi scopro nuovamente immersa nel fascino del suo stile un po’ aulico, ma innegabilmente efficace, irretita nelle sue abilissime costruzioni avvincenti di drammi interiori che agitano le anime di personaggi borghesi e agiati, senza d’altra parte apparentemente condurre a mutamenti decisivi nel loro stile di vita. Non stento allora a credere che negli anni Venti e Trenta del Novecento Zweig sia stato uno degli scrittori in lingua tedesca più conosciuti e più tradotti. Un autore brillante quindi, di successo, definito così da Ladislao Mittern nella sua “Storia della letteratura tedesca”: “Superficialissimo divulgatore, riuscì col suo stile brillante e sempre facile a essere l’autore prediletto della vastissima massa di lettori semicolti desiderosi di completare e specialmente di aggiornare la loro cultura”. Un giudizio impietoso, che trova molte voci concordi tra letterati contemporanei all’autore. Ma, innegabile, il fascino dei suoi racconti, almeno per me, rimane.

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Roth, “Fuga senza fine”

JOSEPH ROTH – “Fuga senza fine” – Adelphi

Dalla quarta di copertina, un consiglio di lettura irresistibile:

 “…abbandonatevi al corroborante piacere di ascoltare il più intelligente, il più leggero, il più penetrante racconto della Distruzione inventato tra le Due Guerre”. (Alfredo Giuliani)

 Capita, raramente ma a volte capita, di imbattersi nella quarta di copertina di un libro a lungo atteso, in una parola illuminante che sia nello stesso tempo guida alla lettura e progressiva conferma, se non addirittura superamento, delle proprie aspettative. Nel caso di questo straordinario racconto, questa parola è per me “distruzione”. Conosco Roth come cantore di un mondo ai suoi epigoni, ma mai come in questo testo, mi è apparsa evidente la sua capacità di trasmettere al lettore la poesia della fine. Perchè è sull’orlo della dissoluzione che per un attimo, un breve attimo si può cogliere tutta la portata e la potenzialità dello straniamento, lo sguardo sul mondo agli epigoni diventa rivelatore, persino cantore di questo mondo, a cui si può guardare con ironia, ma anche con affetto complice, con comprensione e con crudeltà, o, persino, con la curiosità del cronista.