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letteratura rumena

Mircea Cărtărescu, “Abbacinante. L’ala sinistra”

MIRCEA CĂRTĂRESCU – Abbacinante. L’ala sinistra – Voland

“La memoria delle mie lacrime ha trent’anni. Non sono sano di mente. La solitudine mi sussurra all’orecchio, insieme disperata e rassicurante, come un tempo gli intestini di mia madre, che sentivo da dentro l’utero. Il gorgoglio di sorgente sotterranea della sua vescica. Ogni tanto c’è un tram che passa o, nelle profondità della notte, un cane randagio che abbaia, o qualcuno che parla forte, e tutti questi rumori ricordano alla mia pelle (poiché, naturalmente, a quell’epoca sentivo con la pelle, come i ragni, quasi fossi stato interamente avvolto nel mio timpano) l’eco lontana della voce di mio padre, in una stanza miserabile in cui non esistevo ancora”.

L’origine: si può ricercarla con inguaribile e malinconica nostalgia, oppure disconoscerla fino al punto di negarla con astio doloroso, per reinventarla. In entrambi i casi la letteratura, quando se ne appropria, possiede un modo tutto suo – ma ogni volta nuovo e ammaliante – di celebrarla, di estinguerla, di trasfigurarla, insomma di approfittare di lei, forse perché essa contiene in nuce quelle storie che i nostri giorni vanno narrando, l’immaginazione e i sogni che confondono e rivelano quel bisogno di consolazione che è la reale ferita dolente dell’animo umano, e infine di riempirla di uno splendore fastoso, rutilante o agghiacciante, o, appunto, abbacinante.

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Celan, “Sotto il tiro di presagi”

PAUL CELAN – “Sotto il tiro di presagi” – Einaudi

NON SCRIVERTI

tra i mondi,

 tieni testa

alla varietà dei significati,

 fidati della traccia di lacrime

e impara a vivere.

 Dai “Quaderni” di Cioran:

 “Paul Celan si è gettato nella Senna. Hanno trovato il suo cadavere lunedì scorso. Un uomo affascinante e impossibile, feroce, ma con accessi di mitezza, che amavo molto e che evitavo per paura di ferirlo, poichè tutto lo feriva. Ogni volta che lo incontravo stavo in guardia, e mi controllavo al punto che dopo mezz’ora ero estenuato.”

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Celan – Bachmann, “Troviamo le parole”

PAUL CELAN, INGEBORG BACHMANN – “Troviamo le parole” – Edizioni Nottetempo

“Ci sono giorni in cui vorrei soltanto andare via e venire a Parigi, sentire come tu afferri le mie mani e mi tocchi con i fiori e di nuovo non sapere da dove vieni e dove vai. Per me tu vieni dall’India o da un paese ancora più remoto, scuro, bruno, per me tu sei il deserto e il mare e tutto quanto è mistero. Ancora non so nulla di te e per questo ho paura per te, non riesco a immaginare che tu debba fare le stesse cose che facciamo qui noi altri, dovrei avere un castello per noi e portarti da me, perchè lì dentro tu possa essere il mio incantato Signore, tappeti molti avremo e musica e inventeremo l’amore”.

(Ingeborg Bachmann a Paul Celan, Vienna, 24.6.1949)