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letteratura rumena

Mircea Cărtărescu, “Abbacinante. L’ala sinistra”

MIRCEA CĂRTĂRESCU – Abbacinante. L’ala sinistra – Voland

“La memoria delle mie lacrime ha trent’anni. Non sono sano di mente. La solitudine mi sussurra all’orecchio, insieme disperata e rassicurante, come un tempo gli intestini di mia madre, che sentivo da dentro l’utero. Il gorgoglio di sorgente sotterranea della sua vescica. Ogni tanto c’è un tram che passa o, nelle profondità della notte, un cane randagio che abbaia, o qualcuno che parla forte, e tutti questi rumori ricordano alla mia pelle (poiché, naturalmente, a quell’epoca sentivo con la pelle, come i ragni, quasi fossi stato interamente avvolto nel mio timpano) l’eco lontana della voce di mio padre, in una stanza miserabile in cui non esistevo ancora”.

L’origine: si può ricercarla con inguaribile e malinconica nostalgia, oppure disconoscerla fino al punto di negarla con astio doloroso, per reinventarla. In entrambi i casi la letteratura, quando se ne appropria, possiede un modo tutto suo – ma ogni volta nuovo e ammaliante – di celebrarla, di estinguerla, di trasfigurarla, insomma di approfittare di lei, forse perché essa contiene in nuce quelle storie che i nostri giorni vanno narrando, l’immaginazione e i sogni che confondono e rivelano quel bisogno di consolazione che è la reale ferita dolente dell’animo umano, e infine di riempirla di uno splendore fastoso, rutilante o agghiacciante, o, appunto, abbacinante.

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