Traduzione di Anita Rho
Introduzione di Leonardo Sciascia
“Ed ecco, in quegli anni si moltiplicarono i segni miracolosi. Da tutti i punti cardinali si annunziavano e accadevano cose inaudite. Così si udì raccontare che montagne alte fino alle nuvole s’incendiavano improvvisamente e la loro cenere, simile a neve oscura, si spargeva per intere province. A volte nel turbine delle bufere cadevano a terra fiori variopinti come pietre preziose, che parevano stelle di corallo, farfalle morte o forse spoglie di aracnidi, ma talvolta anche, nella loro tumultuosa sontuosità di colori, nella loro velenosa dolcezza, facevano pensare a misteriosi ceffi ghignanti. Non di rado nuvole di un nero violetto, turgide come lampioni, si addensavano sulle città. Quando si laceravano, gli abiti della gente diventavano rossi come vesti di carnefici o di re, e le strade sembravano irrorate di sangue. Si parlava anche di creature favolose uscite dai mari o dalle selve, di mansueti taumaturghi e di minacciosi profeti.”
Il romanzo “L’Armada” è uno splendido e affascinante affresco, denso di ombre così come lo è stata la vita stessa del suo autore – e, soprattutto, la sua fine – l’uno e l’altra minacciate oggi da un ingiusto oblio. E’ storia, sogno, incubo e passione rielaborati da una mente geniale forse già destinata a patire i sintomi premonitori di quella demenza che la colpirà alla fine. Due grandi voci contribuiscono a mantenerne viva la memoria e a convincere i lettori della necessità della sua riscoperta: quella di Leonardo Sciascia, autore della bella e precisa introduzione alla edizione Sellerio e quella di Italo Alighiero Chiusano che recensisce il romanzo, scegliendo come titolo “Ogni armada è un’accolita di morti” (testo che si può trovare nel volume “Literatur. Scrittori e libri tedeschi”).