HERMANN UNGAR – I mutilati – SILVY
“Ecco la breccia, da cui irrompeva l’imprevisto e spargeva il terrore”
Quale esperimento di distillazione e dissociazione, di corruzione e vaporizzazione, di riduzione a poche e instabili particelle di disperata e tormentata umanità può aver condotto alla creazione di Franz Polzer, il patetico eroe del romanzo di Ungar? Di sicuro sui banchi contigui dello stesso laboratorio si andavano delineando gli allucinati lineamenti del funzionario Krastik, protagonista de “La porta verso l’impossibile” di Oskar Baum e quelli, ancora più eterei, dell’anonimo ed evanescente eroe de “La prova del fuoco” di Ernst Weiss. Il laboratorio è la Praga dei primi decenni del Novecento, la capitale magica d’Europa, la Praga magica di Ripellino e la Praga al quadrato di Magris. Il laboratorio è la Praga di Kafka. E’ come se la letteratura in quegli anni fosse stata destinata ad ereditare i segreti degli alchimisti che tra i vicoli all’ombra del Castello, in un lontanissimo passato, avevano cercato la procedura alchemica in grado di trasformare in oro i metalli. Ed è come se questo impossibile procedimento fosse continuato, per tentativi, mediante la penna di scrittori in grado di farsi carico di disperate esistenze umane e di trasfigurarle nell’oro della grande letteratura.