A cura di Silvio Ramat
“Faccia freddo o caldo, squilli il cielo in una torrida furia o si faccia livido e terribile, enigmatico, per eccesso di tensione repressa, l’amore si aggira protetto da se stesso e si ferma a contemplarsi a nutrirsi di sé.”
Dobbiamo essere molto grati alla Signora Bruna Bianco per aver voluto rendere pubbliche queste lettere private, testimonianza di un amore profondo, inaspettato e intenso che cinquant’anni fa l’ha legata a Giuseppe Ungaretti durante gli ultimi anni della vita del grande poeta. Una gratitudine che è d’obbligo per una serie di ragioni, alcune legate al puro gradimento estetico che si trae da questi scritti grazie alla loro bellezza, altre all’ammirazione che essi suscitano poiché testimoniano la nascita e la crescita di un profondo legame, non solo sentimentale ma anche intellettuale e spirituale che ha investito tutti gli aspetti di entrambe le vite coinvolte, e infine, ed è forse la ragione preminente destinata a durare nel tempo e nell’immaginario dei lettori, una gratitudine dovuta al contributo che queste lettere offrono alla conoscenza dell’interiorità di un poeta – uno dei nostri massimi poeti – accessibile fino ad ora solo – e non è certo poco – attraverso i suoi versi.
Le lettere a Bruna aprono quindi un varco ulteriore, una via diretta verso quell’intimità, fatta di sentimenti, pensieri, ricordi, speranze, conoscenze, ma anche di dolori, incertezze e paure, che ha generato e poi nutrito la poesia che conosciamo e amiamo.