HANS FALLADA – “Tutto da rifare, pover’uomo…” – Mondadori
 Capita di trovare libri sulle bancarelle che ti obbligano a fare un percorso più lungo, apparentemente deviante, nell’avvicinamento ad un nuovo autore. Ma, come nei viaggi, abbandonare la strada maestra apre nuove prospettive e possibilità che sarebbero irrimediabilmente perse seguendo un percorso prestabilito, così avviene in questo girovagare, annusare, deviare, seguendo le tracce letterarie. Tutto questo per dire che ho iniziato a leggere Fallada da questo romanzo che, ora lo so, è la continuazione (o meglio, una sorta di riscrittura) del suo libro più famoso, senza dubbio meritatamente più famoso. Si tratta della versione simmetrica, speculare del suo pover’uomo, forse una specie di gioco letterario, di esperimento arguto. Questo mio girovagare, lo so, mi porterà alla fine a trovarmi a faccia a faccia con l’essenza di questo scrittore, ma quando ci arriverò non giungerò a mani vuote.
Capita di trovare libri sulle bancarelle che ti obbligano a fare un percorso più lungo, apparentemente deviante, nell’avvicinamento ad un nuovo autore. Ma, come nei viaggi, abbandonare la strada maestra apre nuove prospettive e possibilità che sarebbero irrimediabilmente perse seguendo un percorso prestabilito, così avviene in questo girovagare, annusare, deviare, seguendo le tracce letterarie. Tutto questo per dire che ho iniziato a leggere Fallada da questo romanzo che, ora lo so, è la continuazione (o meglio, una sorta di riscrittura) del suo libro più famoso, senza dubbio meritatamente più famoso. Si tratta della versione simmetrica, speculare del suo pover’uomo, forse una specie di gioco letterario, di esperimento arguto. Questo mio girovagare, lo so, mi porterà alla fine a trovarmi a faccia a faccia con l’essenza di questo scrittore, ma quando ci arriverò non giungerò a mani vuote.
 Giunta alla fine di questo interminabile romanzo, dignitosissimo, a suo modo significativo nella sua volontà di testimoniare la resistenza del popolo tedesco al nazismo, che confesso di aver scelto per il giudizio di Primo Levi riportato sulla fascetta, so che di tutte le pagine lette mi resteranno impresse tre cose. L'”Appendice” scritta dallo stesso autore che rende conto, mediante un linguaggio giornalistico, asciutto e, a mio giudizio straordinariamente espressivo, del fascicolo di documenti redatti dalla gestapo di Berlino, dal quale Fallada ha appreso la vicenda di Otto ed Elise Hampel. Le loro foto, che sorprendentemente ho notato solo dopo essere arrivata a pag. 689, e che improvvisamente parlano come solo sa fare il viso di chi una volta è stato vivo. Infine, so che ricorderò ciò che è accaduto all’autore il 17 ottobre 1911, di prima mattina, quando si chiamava ancora Rudolf Ditzen e aveva 18 anni. (Dalla “Postfazione” di Geoff Wilkes). Perchè la vita è letteratura.
Giunta alla fine di questo interminabile romanzo, dignitosissimo, a suo modo significativo nella sua volontà di testimoniare la resistenza del popolo tedesco al nazismo, che confesso di aver scelto per il giudizio di Primo Levi riportato sulla fascetta, so che di tutte le pagine lette mi resteranno impresse tre cose. L'”Appendice” scritta dallo stesso autore che rende conto, mediante un linguaggio giornalistico, asciutto e, a mio giudizio straordinariamente espressivo, del fascicolo di documenti redatti dalla gestapo di Berlino, dal quale Fallada ha appreso la vicenda di Otto ed Elise Hampel. Le loro foto, che sorprendentemente ho notato solo dopo essere arrivata a pag. 689, e che improvvisamente parlano come solo sa fare il viso di chi una volta è stato vivo. Infine, so che ricorderò ciò che è accaduto all’autore il 17 ottobre 1911, di prima mattina, quando si chiamava ancora Rudolf Ditzen e aveva 18 anni. (Dalla “Postfazione” di Geoff Wilkes). Perchè la vita è letteratura. “Abbracciami come se l’umanità fosse morta e noi soli la dovessimo conservare!”
“Abbracciami come se l’umanità fosse morta e noi soli la dovessimo conservare!” “Alle tre di ogni pomeriggio zia Berthchen toglieva l’innaffiatoio verde dal chiodo, poggiava sulle spalle il suo scialle rosso turco e se ne andava al camposanto di fronte al quale, per via della comodità, abitava ormai da ventitrè anni. Una volta là, girava alla quarta fila di tombe e sedeva sulla panchina presso il sedicesimo tumulo, sotto cui suo marito, l’esattore delle tasse in pensione Biefke, riposava da ventiquattro anni.”
“Alle tre di ogni pomeriggio zia Berthchen toglieva l’innaffiatoio verde dal chiodo, poggiava sulle spalle il suo scialle rosso turco e se ne andava al camposanto di fronte al quale, per via della comodità, abitava ormai da ventitrè anni. Una volta là, girava alla quarta fila di tombe e sedeva sulla panchina presso il sedicesimo tumulo, sotto cui suo marito, l’esattore delle tasse in pensione Biefke, riposava da ventiquattro anni.” Lena ha il viso liscio e puro come una mela fresca.
Lena ha il viso liscio e puro come una mela fresca. “Ogni morte ha la sua risata”
“Ogni morte ha la sua risata” Affascinata da “La morte a Reval”, speravo di ritrovare in questo romanzo la voce di Bergengruen. Ho trovato un romanzo strano, un giallo con un impianto teatrale e una struttura argomentativa su un tema di tutto rispetto, soprattutto se consideriamo che è stato scritto in Germania nel 1935: i rapporti tra il potere e il male. Una sorta di saggio, anche profondo e articolato, che ha però reso l’impianto narrativo artificioso e, in ultima analisi, non necessario.
Affascinata da “La morte a Reval”, speravo di ritrovare in questo romanzo la voce di Bergengruen. Ho trovato un romanzo strano, un giallo con un impianto teatrale e una struttura argomentativa su un tema di tutto rispetto, soprattutto se consideriamo che è stato scritto in Germania nel 1935: i rapporti tra il potere e il male. Una sorta di saggio, anche profondo e articolato, che ha però reso l’impianto narrativo artificioso e, in ultima analisi, non necessario. “Non è possibile muoversi altrimenti che con gran lentezza, un passo alla volta; e tra un passo e l’altro ci son tutte le debolezze, tutte le remissioni, tutti gli errori, sia pure nobili, di cui ci macchiamo. Non è una dottrina, non una verità imponente quella che le sto esponendo ma forse, come le dicevo, è un cenno, un piccolo aiuto… Voglio dire, il bene e il male non si differenziano tanto nelle relazioni degli uomini tra loro, quanto nella posizione dell’uomo di fronte a se stesso.”
“Non è possibile muoversi altrimenti che con gran lentezza, un passo alla volta; e tra un passo e l’altro ci son tutte le debolezze, tutte le remissioni, tutti gli errori, sia pure nobili, di cui ci macchiamo. Non è una dottrina, non una verità imponente quella che le sto esponendo ma forse, come le dicevo, è un cenno, un piccolo aiuto… Voglio dire, il bene e il male non si differenziano tanto nelle relazioni degli uomini tra loro, quanto nella posizione dell’uomo di fronte a se stesso.” “Una cosa è certa: chi riesce a raggiungere le vette più alte è uno che conosce bene anche i più impenetrabili abissi”
“Una cosa è certa: chi riesce a raggiungere le vette più alte è uno che conosce bene anche i più impenetrabili abissi” Un lieve sconcerto iniziale, la percezione (assurda) di una sfida. Esiste l’apprendistato per il lettore? Ma questo solo per le prime pagine. Poi la prepotente richiesta di una collaborazione attiva: una porta socchiusa, al lettore spetta il compito della sua progressiva apertura o, come nel mio caso, la decisione di spalancarla. Spalancare queste pagine vuol dire arrendersi ed aderire a una scelta formale ardita, ma anche accettare di avvicinare agli occhi la lente d’ingrandimento con cui Schmidt osserva il mondo. Ci vuole tempo, scrupolo e attenzione, ma si viene ripagati.
Un lieve sconcerto iniziale, la percezione (assurda) di una sfida. Esiste l’apprendistato per il lettore? Ma questo solo per le prime pagine. Poi la prepotente richiesta di una collaborazione attiva: una porta socchiusa, al lettore spetta il compito della sua progressiva apertura o, come nel mio caso, la decisione di spalancarla. Spalancare queste pagine vuol dire arrendersi ed aderire a una scelta formale ardita, ma anche accettare di avvicinare agli occhi la lente d’ingrandimento con cui Schmidt osserva il mondo. Ci vuole tempo, scrupolo e attenzione, ma si viene ripagati.