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letteratura tedesca

Schmidt, “Dalla vita di un fauno”

ARNO SCHMIDT – “Dalla vita di un fauno” – Lavieri

Un lieve sconcerto iniziale, la percezione (assurda) di una sfida. Esiste l’apprendistato per il lettore? Ma questo solo per le prime pagine. Poi la prepotente richiesta di una collaborazione attiva: una porta socchiusa, al lettore spetta il compito della sua progressiva apertura o, come nel mio caso, la decisione di spalancarla. Spalancare queste pagine vuol dire arrendersi ed aderire a una scelta formale ardita, ma anche accettare di avvicinare agli occhi la lente d’ingrandimento con cui Schmidt osserva il mondo. Ci vuole tempo, scrupolo e attenzione, ma si viene ripagati.

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letteratura tedesca

Schmidt, “Specchi neri”

ARNO SCHMIDT – “Specchi neri” – Lavieri

Alla fine della lettura della trilogia, mi sento in dovere di ringraziare la Casa Editrice Lavieri che, nello sconfortante panorama della editoria italiana, riesce a pubblicare questi capolavori e a renderli disponibili per i lettori. Segnalo inoltre l’eccezionale lavoro di traduzione e di cura di Domenico Pinto. Nella Postfazione “Per speculum”, ho ritrovato le ragioni della fascinazione che la prosa di Schmidt esercita sul lettore: “La scrittura di Arno Schmidt, nonostante certa sua oscurità, anzi in forza di essa, sollecita lettori congetturali, implicandoli senza tregua nella costruzione del testo”. Si ha così l’impressione di partecipare ad un processo creativo, a penetrare in un’opera d’arte che lentamente si rivela. Pinto non abbandona però il lettore senza regalargli nuove tracce da seguire.

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letteratura italiana

Cataluccio, “Vado a vedere se di là è meglio”

FRANCESCO M. CATALUCCIO – “Vado a vedere se di là è meglio” – Sellerio

Conoscevo Francesco Cataluccio per aver letto due suoi scritti: “La guerra come claustrofobia”, postfazione a “L’ospedale dei dannati” di Stanislaw Lem, e “Maturare verso l’infanzia. Introduzione a Bruno Schulz”, lo scritto che conclude l’edizione Einaudi del 2001 de “Le botteghe color cannella”, da lui curato. Ho iniziato quindi a leggere con molte aspettative questo suo libro, irresistibilmente attirata, tra l’altro, dal bellissimo sottotitolo “Quasi un breviario mitteleuropeo”. Mi sono concessa il lusso del tempo, della rilettura in itinere, perché solo dopo poche pagine mi sono resa conto di aver trovato una formidabile guida per le mie future letture, o meglio, di aver trovato colui che mi faciliterà il compito di comporle, collegarle, riordinarle in un quadro che le renderà ancora più significative.

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letteratura italiana

Cataluccio, “Chernobyl”

FRANCESCO M. CATALUCCIO – “Chernobyl” – Sellerio

Per puro caso, uno di quei casi che i lettori conoscono bene, ho letto questo libro dopo aver terminato quello straordinario documento che è “Preghiera per Chernobyl” della Aleksievic, mettendomi così nella condizione ideale per apprezzare al meglio il testo di Cataluccio. Inutile dire che sono ancora vive in me, e credo che lo resteranno ancora a lungo, le infinite suggestioni di “Vado a vedere se di là è meglio”. Ho ritrovato la voce di quella che ormai considero una guida di cui mi è agevole seguire il passo. Cataluccio unisce la passione del giornalista e la cultura dello studioso all’amore per l’Est europeo, e parla di ciò che conosce perchè in quelle terre ha abitato  a lungo, parla di Chernobyl perchè ci è stato e di radiazioni perchè in minima parte ne ha subito gli effetti.

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letteratura tedesca

Buber-Neumann, “Prigioniera di Stalin e Hitler”

MARGARETE BUBER-NEUMANN – “Prigioniera di Stalin e Hitler” – Il Mulino

Sono arrivata a questo libro seguendo le tracce di Milena, la Milena di Kafka, quindi, in definitiva, per devozione. Ho letto di Margarete Buber-Neumann e della sua amicizia con Milena, del tempo da loro condiviso nella terribile prigionia nel campo di Ravensbruck, della malattia e della morte di Milena, nel libro di Jana Cerna, la figlia. Può capitare di provare un’improvviso sussulto sentendo riportare le parole di una donna che, nell’inferno, parlava alla sua amica di Kafka. Credo di aver iniziato questo mio personale pellegrinaggio verso la vita e la morte di Milena dopo aver letto l’elogio funebre da Lei scritto per la morte di Kafka.

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letteratura italiana

Pizzuto, “Si riparano bambole”

ANTONIO PIZZUTO – “Si riparano bambole” – Bompiani

Inattesa lettrice per cui Pizzuto non ha scritto, io non lo scorderò facilmente, per parafrasare una sua frase riportata da Domenico Pinto nella Postfazione ad un libro di Arno Schmidt, a testimonianza, tra l’altro, di quanto varie e inaspettate e imprevedibili siano le strade che si aprono davanti a un lettore, quando ha la fortuna di incappare in un libro che appare a lui necessario e dal quale non potrà più prescindere nella scelta delle sue future letture. E’ così riconoscibile uno scrittore che non scrive per i suoi futuri lettori, che non si preoccupa per loro, che li ignora, anche se, forse, li considera come la sua famiglia vera che non conoscerà mai.

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letteratura russa

Druznikov, “Angeli sulla punta di uno spillo”

JURIJ DRUZNIKOV – “Angeli sulla punta di uno spillo” – Barbera

Troppe aspettative possono far male, ma solo seguendo le aspettative si trovano i tesori, è un rischio da correre. Non amo questo libro, nemmeno lo odio, non lo ricorderò e questo è tutto. Forse Druznikov avrebbe dovuto scrivere un saggio sulla situazione politica dell’Unione Sovietica negli anni ’60, sul controllo del potere politico sulla stampa, sulla mancanza di libertà, sulla menzogna e sulla propaganda, data l’enorme quantità di materiale, interessante e accuratamente proposto al lettore per ben 566 pagine. Perchè abbia scelto di scrivere un romanzo resterà per me un mistero.

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letteratura polacca

Pilch, “Sotto l’ala dell’Angelo Forte”

JERZY PILCH – “Sotto l’ala dell’Angelo Forte” – Fazi

“Bevo perchè bevo. Bevo perchè mi piace. Bevo perchè ho paura. Bevo perchè ho una predisposizione genetica al bere. Tutti i miei antenati bevevano. Bevevano i miei bisnonni e i miei nonni, beveva mio padre e beveva mia madre. Non ho nè sorelle nè fratelli, ma sono sicuro che, se ne avessi, tutte le mie sorelle berrebbero e pure tutti i miei fratelli. Bevo perchè ho un carattere debole. Bevo perchè mi si è spostata una rotella nel cervello. Bevo perchè sono troppo tranquillo e voglio rianimarmi. Bevo perchè sono troppo nervoso e voglio calmare i nervi. Bevo perchè sono triste e voglio rallegrare l’anima. Bevo quando sono felicemente innamorato. Bevo perchè cerco invano l’amore. Bevo perchè sono troppo normale e ho bisogno di un po’ di follia. Bevo quando scolo il primo bicchierino e bevo quando scolo l’ultimo, allora bevo ancora di più perchè l’ultimo bicchierino non l’ho mai bevuto”.

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letteratura tedesca

Schmidt, “Alessandro, o Della verità”

ARNO SCHMIDT – “Alessandro, o Della verità” – Einaudi

“E nell’agorà fanno ressa prestidigitatori truffaldini e pugilatori, tagliaborse, ruffiani, ciarlatani e puttane. E nel migliore dei casi si tratta di poveri deficienti, zerbinotti vanesi e tromboni privi di cervello. E ognuno di costoro è soddisfatto di sè, si atteggia a massima dignità, si inchina con cortesia, gonfia grossolanamente le guance, gesticola con le mani, guata allocchito, schiamazza, strilla. (Hanno un sacco di termini: esperto della vita: è uno, che conosce un numero sufficiente di furfanterie spicciole. – Carattere in sè concluso: ha finalmente disimparato qualsiasi ideale. – Maniere disinvolte: sfacciato e, già da un pezzo, maturo per la forca). Questi sono i piccoli; e i grandi: ogni uomo di Stato, politico, oratore, principe, condottiero, ufficiale, va strozzato senza indugio, prima che trovi il tempo e l’occasione di acquistare il nome di grande a spese dell’umanità. – E chi sono allora i soli grandi? Artisti e scienziati! E basta! E tra costoro il più piccolo onest’uomo è mille volte più grande del grande Serse. – Se gli dei si offrissero di esaudirmi 3 desideri, uno di questi sarebbe l’immediata liberazione della Terra dal genere umano. Nonchè dagli animali (anche essi sono ormai troppo malvagi). Le piante, già meglio (tranne le insettivore). – Il vento si fa più forte”.

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letteratura polacca

Gombrowicz, “Bacacay”

WITOLD GOMBROWICZ – “Bacacay” – Feltrinelli

“C’è un vento di anarchia corrosiva che attraversa questi racconti” (Francesco M. Cataluccio)

L’atrocità, il paradosso, l’assurdità, il grottesco, persino ciò che è repellente e persino disgustoso. Penso a quanti autori contemporanei hanno trattato e trattano queste materie, a come sia relativamente facile inventarsi storie che si nutrano di queste materie, come sia quasi la garanzia di un meccanismo che funzioni, che compiaccia persino il lettore nella sua ansia di distrazione e di divertimento. Ovviamente qui ci troviamo su un altro pianeta.