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letteratura tedesca

Schmidt, “Specchi neri”

ARNO SCHMIDT – “Specchi neri” – Lavieri

Alla fine della lettura della trilogia, mi sento in dovere di ringraziare la Casa Editrice Lavieri che, nello sconfortante panorama della editoria italiana, riesce a pubblicare questi capolavori e a renderli disponibili per i lettori. Segnalo inoltre l’eccezionale lavoro di traduzione e di cura di Domenico Pinto. Nella Postfazione “Per speculum”, ho ritrovato le ragioni della fascinazione che la prosa di Schmidt esercita sul lettore: “La scrittura di Arno Schmidt, nonostante certa sua oscurità, anzi in forza di essa, sollecita lettori congetturali, implicandoli senza tregua nella costruzione del testo”. Si ha così l’impressione di partecipare ad un processo creativo, a penetrare in un’opera d’arte che lentamente si rivela. Pinto non abbandona però il lettore senza regalargli nuove tracce da seguire.

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Buber-Neumann, “Prigioniera di Stalin e Hitler”

MARGARETE BUBER-NEUMANN – “Prigioniera di Stalin e Hitler” – Il Mulino

Sono arrivata a questo libro seguendo le tracce di Milena, la Milena di Kafka, quindi, in definitiva, per devozione. Ho letto di Margarete Buber-Neumann e della sua amicizia con Milena, del tempo da loro condiviso nella terribile prigionia nel campo di Ravensbruck, della malattia e della morte di Milena, nel libro di Jana Cerna, la figlia. Può capitare di provare un’improvviso sussulto sentendo riportare le parole di una donna che, nell’inferno, parlava alla sua amica di Kafka. Credo di aver iniziato questo mio personale pellegrinaggio verso la vita e la morte di Milena dopo aver letto l’elogio funebre da Lei scritto per la morte di Kafka.

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Schmidt, “Alessandro, o Della verità”

ARNO SCHMIDT – “Alessandro, o Della verità” – Einaudi

“E nell’agorà fanno ressa prestidigitatori truffaldini e pugilatori, tagliaborse, ruffiani, ciarlatani e puttane. E nel migliore dei casi si tratta di poveri deficienti, zerbinotti vanesi e tromboni privi di cervello. E ognuno di costoro è soddisfatto di sè, si atteggia a massima dignità, si inchina con cortesia, gonfia grossolanamente le guance, gesticola con le mani, guata allocchito, schiamazza, strilla. (Hanno un sacco di termini: esperto della vita: è uno, che conosce un numero sufficiente di furfanterie spicciole. – Carattere in sè concluso: ha finalmente disimparato qualsiasi ideale. – Maniere disinvolte: sfacciato e, già da un pezzo, maturo per la forca). Questi sono i piccoli; e i grandi: ogni uomo di Stato, politico, oratore, principe, condottiero, ufficiale, va strozzato senza indugio, prima che trovi il tempo e l’occasione di acquistare il nome di grande a spese dell’umanità. – E chi sono allora i soli grandi? Artisti e scienziati! E basta! E tra costoro il più piccolo onest’uomo è mille volte più grande del grande Serse. – Se gli dei si offrissero di esaudirmi 3 desideri, uno di questi sarebbe l’immediata liberazione della Terra dal genere umano. Nonchè dagli animali (anche essi sono ormai troppo malvagi). Le piante, già meglio (tranne le insettivore). – Il vento si fa più forte”.

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Jahnn, “13 storie inospitali”

HANS HENNY JAHNN – “13 storie inospitali” – Lavieri

“Gli scrittori davvero grandi sono quelli che sanno rallentare. Fermare il ritmo, dilatare il respiro, aprire dentro la frase spazi e pulsazioni inattese. Creano uno spazio sospeso che argina la morte.” (Dalla Postfazione di Andrea Raos)

Inizio col dire che si tratta di un libro pregevole per numerosi motivi. Innanzitutto si tratta attualmente della più agevole opportunità di leggere in traduzione italiana la prosa di Jahnn (le altre tre sue opere edite in italiano, nel 1994, nel 2000 e nel 2001, sono di difficile reperibilità), in secondo luogo, i racconti sono curati da Domenico Pinto (l’indimenticabile traduttore dei libri di Arno Schmidt) e, infine, sono accompagnati da un ricco apparato: una Postfazione di Andrea Raos ed il saggio “Perrudja” di Ferruccio Masini, apparso originariamente in “Il romanzo tedesco del Novecento”, a cura di G. Baioni, C. Cases e C. Magris (altro volume attualmente difficile da reperire).

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Ludwig, “Tra cielo e terra”

OTTO LUDWIG – “Tra cielo e terra” – Salerno

“Fra cielo e terra è il regno del copri tetti. Giù in fondo il formicolio rumoroso dei viandanti sulla terra, su nell’alto i viandanti del cielo, le nuvole silenziose dal passo smisurato.”

Ecco un bellissimo romanzo che riassume in sé i motivi che da sempre mi fanno amare la letteratura tedesca. Un romanzo dove il cielo è cielo e la terra terra, dove l’autore è in grado di delineare caratteri che hanno l’intransigenza della verità. Il bene e il male sono condotti con mano salda verso il loro compimento e dispiegati al punto massimo delle loro potenzialità.

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Jahnn, “La nave di legno”

HANS H. JAHNN – “La nave di legno” – Archinto

“Quasi fosse uscita dalla nebbia, si rese d’un tratto visibile la bella nave.” Inizia così, con un incipit sincopato e maestoso questa favola marina che è dramma del destino. E il respiro si prepara ubbidiente a seguire il ritmo di un linguaggio denso e preciso, mentre la mente, l’anima e la fantasia si predispongono alla partenza per un lungo e incerto viaggio per mare. Ogni vero lettore sa bene quale sia il fascino dei romanzi ambientati sul mare, ce l’hanno insegnato Stevenson, Melville e Conrad e molti altri, ci hanno insegnato che l’avventura, quando si svolge sul mare, assume molteplici sfumature, fa vibrare le corde più nascoste dell’anima, allude alle più segrete oscurità del cuore, alle paure ancestrali, racchiude significati profondi, sollecita il senso del mistero e dell’orrore. Jahnn attinge a questa tradizione letteraria per farla sua, stravolgerla, reinterpretarla, creando una macchina narrativa a suo modo perfetta, cioè perfettamente rispondente alla sua logica interna, per iniziare a scrivere l’immensa opera della sua maturità. “La nave di legno”, pur essendo un romanzo perfettamente compiuto, rappresenta infatti il prologo della lunghissima trilogia “Fiume senza sponde” e Gustav Anias Horn, il giovane che qui vediamo immerso nello sconcerto di un’inquietante avventura giovanile, è il futuro compositore protagonista del romanzo conclusivo dell’opera di Jahnn.