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letteratura ceca

Skvorecky, “Il racconto dell’ingegnere delle anime umane”

JOSEF SKVORECKY – “Il racconto dell’ingegnere delle anime umane” – Fandango

L’espressione “ingegnere delle anime umane” pare fosse usata da Stalin per definire lo scrittore. Come l’ingegnere progetta e costruisce i macchinari, così lo scrittore deve costruire l’anima dell’Uomo Nuovo. Questo libro è dunque il racconto di uno scrittore. Sottotitolo: “Entertainment su vecchi temi: la vita, le donne, il destino, i sogni, la classe operaia, le spie, l’amore e la morte”, ovvero, tutto il mondo di Josef Skvorecky. Mentre terminavo la lettura di questo libro infinito (942 pagine escluse le note) tentavo di capire che cosa mi spinge a leggere questo autore (perchè continuerò a leggerlo, cercando il suo capolavoro che si nasconde da qualche parte).

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letteratura ceca

Capek, “L’ombra della felce”

JOSEF CAPEK – “L’ombra della felce” – Poldi libri

“L’effimera fretta del tempo”

“Terribilmente gravoso e crudele colse Vasek il pensiero di dover essere solo una delle mille identiche marionette imprigionate nell’insensata molteplicità delle stelle e forse anche l’ultima fra tutte, innumerevoli e ugualmente dolenti, nessuna delle quali sa se è proprio lei ad avere la colpa e la responsabilità dell’infelicità di loro tutte.”

 Una prosa epica e lirica che a tratti assume il ritmo di una ballata popolare, a volte quello di una preghiera, poi diventa lamento, poi invettiva e maledizione. La prosa raffinata di uno scrittore che è stato prima di tutto pittore e che ha vissuto con intensità la vita culturale della Praga di Kafka.

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letteratura argentina

Borges, “Finzioni”

JORGE LUIS BORGES – “Finzioni” – Einaudi

Con lentezza ed estrema cautela, a piccoli passi, un libro ogni tanto. Qui l’aria è rarefatta e da questi labirinti si può anche non uscire. La voce di Borges è quella di una sirena. Se ci si innamora di lui, poi che cosa si può leggere?

 “Non mi sembra inverosimile che in un certo scaffale dell’universo esista un libro totale; prego gli dei ignoti che un uomo – uno solo, e sia pure da migliaia d’anni!- l’abbia trovato e l’abbia letto. Se l’onore e la sapienza e la felicità non sono per me, che siano per gli altri. Che il cielo esista, anche se il mio posto è l’inferno. Ch’io sia oltraggiato e annientato, ma che per un istante, in un essere, la Tua enorme Biblioteca si giustifichi.”

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letteratura argentina

Borges, “Poesie (1923 – 1976)”

JORGE LUIS BORGES – “Poesie (1923 – 1976)” – Rizzoli

“Il mondo è un certo numero di tenere imprecisioni”

Per Borges la poesia è “l’incanto di un attimo in cui le cose sembra stiano per dirci il loro segreto. E’ la poesia di un’attesa delusa, perchè quel segreto non viene detto e resta nell’ombra.” Così Claudio Magris, nella sua splendida raccolta di saggi “Dietro le parole”, commenta l’arte discreta e ritrosa del Borges poeta.

“Le strade di Buenos Aires

sono già le mie viscere”

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letteratura polacca

Kosinski, “Presenze”

JERZY N. KOSINSKI – “Presenze” – Mondadori

“Being There”, ovvero “Presenze”, ovvero “Oltre il giardino”. Apprendo dalla Postfazione di Beniamino Placido che l’autore lo considerava il più diabolico dei suoi libri, come riteneva Chance, il giardiniere, il più crudele dei suoi personaggi, proprio perchè trattato così crudelmente dal destino, cioè dal caso. “Debole, ingenuo, asociale, afasico, asessuato è al di là di ogni possibilità di riscatto, di redenzione. E’ già morto, è già condannato.” Eppure sopravvive, e vince, e questo è ciò che fa di questo romanzo, in apparenza idilliaco e lieve, un pugnale che scava nelle contraddizioni del mondo contemporaneo che non è certo il migliore dei mondi possibili.

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letteratura canadese

Hacking, “I viaggiatori folli”

IAN HACKING – “I viaggiatori folli” – Carocci

“Un burattino nelle mani di un sogno”

Albert Dadas non è il personaggio di un romanzo. La sua follia è stata reale e l’ha accompagnato per tutta la sua esistenza tormentata. Questo libro, molto bello e molto ricco, permette al lettore di fare la sua conoscenza. Albert Dadas è la sua malattia. C’è qualcosa di affascinante e di ammirevole in questo suo continuo bisogno di viaggiare, (o almeno, ci sarebbe, se non fosse così doloroso) in questa sua coerenza nel cercare di continuo una bella strada bianca da percorrere a piedi. Questo libro è molto più della storia di Albert, è una convincente analisi delle cause dell’epidemia di viaggiatori folli, scoppiata in Francia nel 1887. E’ anche uno studio accurato e ben documentato della comparsa in varie epoche di sindromi psichiatriche difficili da definire e della loro successiva scomparsa. Tra tutte, la sindrome di cui Albert era affetto: il “determinismo ambulatorio”. Difficile dimenticare l’espressione del volto di quest’uomo immortalato nelle fotografie che il libro contiene. “Mi svegliai il giorno dopo, capii soltanto di essere stato un burattino nelle mani di un sogno”, non è la frase di un poeta, ma di Albert Dadas, semianalfabeta.

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letteratura svizzera

Loetscher, “L’ispettore delle fogne”

HUGO LOETSCHER – “L’ispettore delle fogne” – Casagrande

“L’occhio clinico delle fogne”

Nella galassia della letteratura mitteleuropea, Loetscher è l’ultima stella della costellazione svizzera che comincia a comporsi nella mia libreria. Li ho incontrati in ordine sparso, ma tutti hanno lasciato un segno, ognuno a suo modo. Gottfried Keller, Robert Walser, Max Frisch, Friedrich Durrenmatt, Ugo Loetscher, Adolf Muschg. Mi riprometto di tenerli d’occhio, cerco di seguire le loro strade, che a volte si incrociano, a volte conducono in luoghi molto lontani. Per quanto ne so, questo è l’unico romanzo di Loetscher tradotto in italiano. L’ispettore delle fogne è un personaggio eloquente, nel vero senso della parola, un personaggio che si impone per la sua eloquenza. Ci si aspetta di trovare un omiciattolo remissivo e solitario che sceglie di vivere nascosto nelle condutture ad occuparsi di acque di scolo perchè non ha il coraggio di affrontare la vita in superficie. Invece l’ispettore, in questo suo lunghissimo discordo, in questa sua relazione sulle fogne, ci dà una lezione di senso, ci espone la filosofia delle acque di scolo, ci illumina con la sua competenza e intanto parla di sè e della sua vita, dei tanti strampalati personaggi che ha incontrato svolgendo un lavoro di cui è giustamente orgoglioso.

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letteratura austriaca

Broch, “I sonnambuli”

HERMANN BROCH – “I sonnambuli” – Mimesis

Vol.I: “Pasenow o il romanticismo”

“Innalzare il terrestre all’assoluto è sempre romanticismo.” (Hermann Broch)

Vol.II: “Esch o l’anarchia”

“Senza ordine nei registri non c’era ordine neppure nel mondo”

(Hermann Broch)

Vol.III: “Huguenau o il realismo”

“In un mondo assolutamente razionale non c’è sistema assoluto di valori, non ci sono peccatori, al massimo esseri nocivi.”

(Hermann Broch)

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letteratura tedesca

Fallada, “Tutto da rifare, pover’uomo…”

HANS FALLADA – “Tutto da rifare, pover’uomo…” – Mondadori

Capita di trovare libri sulle bancarelle che ti obbligano a fare un percorso più lungo, apparentemente deviante, nell’avvicinamento ad un nuovo autore. Ma, come nei viaggi, abbandonare la strada maestra apre nuove prospettive e possibilità che sarebbero irrimediabilmente perse seguendo un percorso prestabilito, così avviene in questo girovagare, annusare, deviare, seguendo le tracce letterarie. Tutto questo per dire che ho iniziato a leggere Fallada da questo romanzo che, ora lo so, è la continuazione (o meglio, una sorta di riscrittura) del suo libro più famoso, senza dubbio meritatamente più famoso. Si tratta della versione simmetrica, speculare del suo pover’uomo, forse una specie di gioco letterario, di esperimento arguto. Questo mio girovagare, lo so, mi porterà alla fine a trovarmi a faccia a faccia con l’essenza di questo scrittore, ma quando ci arriverò non giungerò a mani vuote.

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letteratura italiana

Anonimo Triestino, “Il segreto”

ANONIMO TRIESTINO – “Il segreto” – Einaudi

Ci sono libri che racchiudono molte storie parallele: quella che raccontano, quella di chi li ha scritti e quella che ci ha permesso di arrivare fino a loro. Questo è uno di quei libri. Ho conosciuto “Il segreto” perchè Magris ne parla (in “Alfabeti”) come uno di quei libri che colpiscono “come un pugno”, associandolo ad “Auto da fè” di Canetti, a “Cime tempestose” di Bronte e a “Autobiografia di mia madre” della Kincaid, ma lo cita, in modo quasi reticente, definendolo “grande e sgradevole” e dedicandogli un unico peridodo della sua, solitamente generosa, scrittura. Il libro potrebbe essere sottotitolato: “L’autobiografia di una rinuncia”.

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