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letteratura belga

Adriaens-Pannier, “Léon Spilliaert”

ANNE ADRIAENS-PANNIER – “Léon Spilliaert” – Somogy Editions D’Art

“Ma Spilliaert si collega anche a un altro autore, del tutto diverso: Thomas Bernhard. Quando venne il momento di pubblicare il primo dei cinque volumi dell’autobiografia di Bernhard, ricordo che non sapevo bene dove rivolgermi. Perché Bernhard appartiene, in grado eminente, a quegli autori per i quali è molto difficile trovare un’immagine da mettere in copertina (e di fatto, presso Suhrkamp, i suoi romanzi hanno avuto sempre copertine tipografiche). È come se la sua altissima idiosincraticità si estendesse al regno delle figure, respingendole. Finalmente la scelta cadde su uno Spilliaert: un lungo, basso muro dietro il quale si espande un cielo giallo-rossastro e, di lato, si profila un albero dai fitti rami secchi. Non avrei saputo dire perché quell’immagine mi sembrasse adatta per L’origine, libro centrato su Salisburgo, città barocca infettata da nazismo e bigotteria. Ma non ne ero scontento. Due anni dopo toccò al secondo volume dell’autobiografia, La cantina. E anche questa volta mi fissai su uno Spilliaert: vari tronchi, nudi, su un terreno spoglio. Poi venne il momento del terzo volume, Il respiro – e fu un altro Spilliaert: un grande albero che svettava, con molti rami secchi. A questo punto si era creata una complicità e un’alleanza segreta fra l’autobiografia di Bernhard e gli alberi di Spilliaert. Per il quarto volume, Il freddo, in copertina si vede ancora uno Spilliaert: un viale d’inverno, bordato da alberi con i rami secchi. Giunto all’ultimo volume, Il bambino, tornai a sentirmi quanto mai incerto.

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letteratura tedesca

Fallada, “Ognuno muore solo”

HANS FALLADA – “Ognuno muore solo” – Sellerio

Giunta alla fine di questo interminabile romanzo, dignitosissimo, a suo modo significativo nella sua volontà di testimoniare la resistenza del popolo tedesco al nazismo, che confesso di aver scelto per il giudizio di Primo Levi riportato sulla fascetta, so che di tutte le pagine lette mi resteranno impresse tre cose. L'”Appendice” scritta dallo stesso autore che rende conto, mediante un linguaggio giornalistico, asciutto e, a mio giudizio straordinariamente espressivo, del fascicolo di documenti redatti dalla gestapo di Berlino, dal quale Fallada ha appreso la vicenda di Otto ed Elise Hampel. Le loro foto, che sorprendentemente ho notato solo dopo essere arrivata a pag. 689, e che improvvisamente parlano come solo sa fare il viso di chi una volta è stato vivo. Infine, so che ricorderò ciò che è accaduto all’autore il 17 ottobre 1911, di prima mattina, quando si chiamava ancora Rudolf Ditzen e aveva 18 anni. (Dalla “Postfazione” di Geoff Wilkes). Perchè la vita è letteratura.

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letteratura svizzera

Keller, “Romeo e Giulietta nel villaggio”

GOTTFRIED KELLER – “Romeo e Giulietta nel villaggio” – Marsilio

“Il fiume scorreva ora tra cupi e alti boschi, che lo coprivano d’ombra, ora per l’aperta campagna, sfiorava villaggi addormentati e casolari isolati; a tratti rallentava il suo corso e nelle sue acque, simili a un calmo lago, la barca quasi si fermava, e di nuovo scorreva veloce tra alte rocce, lasciandosi dietro le silenziose sponde; e quando sorse l’aurora, dalle acque d’argento emerse una città con le sue torri. La luna calante, rossa come oro, disegnava una scia luminosa in mezzo al fiume, e su questa scia scese la barca, attraversandola lentamente, e mentre si avvicinava alla città, nell’aria gelida del mattino autunnale, due pallide figure, strettamente abbracciate, si lasciarono cadere da quella massa scura nelle fredde acque.”

 Walter Benjamin ritiene la prosa di Keller una delle più belle mai scritte in lingua tedesca e “Romeo e Giulietta nel villaggio” una novella immortale.

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letteratura tedesca

Hebbel, “Diari”

CHRISTIAN FRIEDRICH HEBBEL – “Diari” – La Mandragora Editrice

“Abbracciami come se l’umanità fosse morta e noi soli la dovessimo conservare!”

Dopo aver letto la versione integrale del diario di Hebbel (quasi duemila pagine), Kafka scrive a Oskar Pollak:

“In questi giorni non potei prendere la penna in mano, poichè quando si abbraccia con lo sguardo una tal vetta che si innalza sempre più senza lacune come una torre, al punto che la si raggiunge appena coi propri cannocchiali, la coscienza non può trovar pace. Ma è bene se la coscienza riceve larghe ferite perchè in tal modo diventa più sensibile a ogni morso. Bisognerebbe leggere, credo, soltanto i libri che mordono e pungono. Se il libro che leggiamo non ci sveglia con un pugno sul cranio, a che serve leggerlo? Affinchè ci renda felici, come scrivi tu? Dio mio, felici saremmo anche se non avessimo libri, e i libri che ci rendono felici potremmo eventualmente scriverli noi. Ma noi abbiamo bisogno di libri che agiscano su di noi come una disgrazia che ci fa molto male.”

(F. Kafka, “Lettere”, Mondadori)

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letteratura austriaca

Grillparzer, “Il povero suonatore”

FRANZ GRILLPARZER – “Il povero suonatore” – Marsilio

Ogni tanto mi concedo un lusso: rubare dagli scritti privati di Kafka consigli e indicazioni di lettura. Un modo sicuro per scoprire tesori come questo, resi ancora più grandi dall’ammirazione di un lettore d’eccezione.

“Bello “Il povero musicante”, vero? Ricordo di averlo letto una volta alla mia sorella minore come non ho mai letto altre cose. Ne ero talmente compreso che non c’era posto in me per errori di accentazione, di respiro, di suono, di compassione, di comprensione, prorompeva con una quasi sovrumana naturalezza, ero felice di ogni parola che pronunciavo. Ciò non si ripeterà più, non avrei mai più il coraggio di recitarlo un’altra volta.”

(Franza Kafka, “Lettera del 15.IV.1914 a Grete Bloch” da “Lettere a Felice”)

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letteratura ceca

Kafka, “Sogni”

FRANZ KAFKA – “Sogni” – Sellerio

“E se non posso scrivere, tutto è un sogno, un sogno scoperto.”

Tutto ciò che Kafka scrive ha per me un’aria di casa: apro la porta e riconosco quello che vedo, le cose hanno la mia impronta. E’ successo con tutti i suoi scritti letterari e privati, succede di nuovo con questi sogni (anche perchè sono tratti per la maggior parte da lettere e diari). Trovarli riuniti, con belle note esplicative, fa comunque un certo effetto. Perchè sono splendidi, e ti chiedi poi se Kafka scriveva quello che sognava o se quello che scriveva influenzava i suoi sogni. I sogni sono di solito in qualche modo collegati alla vita, ma la Sua vera vita era la scrittura. Quindi in definitiva è una domanda inutile. 

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letteratura tedesca

Muhsam, “La psicologia della zia ricca”

ERICH MUHSAM – “La psicologia della zia ricca” – Le Nubi

“Alle tre di ogni pomeriggio zia Berthchen toglieva l’innaffiatoio verde dal chiodo, poggiava sulle spalle il suo scialle rosso turco e se ne andava al camposanto di fronte al quale, per via della comodità, abitava ormai da ventitrè anni. Una volta là, girava alla quarta fila di tombe e sedeva sulla panchina presso il sedicesimo tumulo, sotto cui suo marito, l’esattore delle tasse in pensione Biefke, riposava da ventiquattro anni.”

E’ l’incipit di uno dei venticinque iresistibili ritratti di zie ricche che in vari modi riescono a beffare i loro legittimi e speranzosi eredi, lasciandoli a bocca asciutta dopo anni di straziante attesa. Un libro piacevolissimo, uno stile brioso e disincantato con punte improvvise di crudele satira sociale, ma anche di umorismo e di perizia nel disegnare con pochi tratti caratteri e personaggi spiccatamente teatrali.

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letteratura ceca

Bondy, “Fratelli invalidi”

EGON BONDY – “Fratelli invalidi” – Eleuthera

Suggestioni. Tracce. Percorsi.

“Bondy è secondo me il migliore scrittore che ci sia, oggi, nel cuore dell’Europa, a Praga” (B. Hrabal)

Hrabal fa di Bondy uno dei personaggi di alcune sue opere, come ne “Il tenero barbaro”.

E. Bondy ha una compagna che si chiama Jana Cernà (lo so, l’accento è sbagliato…)

Jana Cernà è figlia di Milena Jesenskà, sì, la Milena di Kafka, e ha 11 anni quando lei muore nel 1944 nel campo di concentramento di Ravensbruck.

Jana Cernà è autrice di due libri su Milena: “Vita di Milena” e “Lettera a Milena”

«Honza (Jana Cerna) era un cigno bianco con un’ala ferita ma con degli splendidi, grandi e tristi occhi e con il cuore di una poetessa maledetta». (Bohumil Hrabal)

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letteratura russa

Ajtmatov, “Il battello bianco”

 CYNGYZ AJTMATOV – “Il battello bianco” – Studio Tesi

La liricità e la sacralità della natura, l’infanzia solitaria di un bambino che deve cercare di decifrare la realtà e di sopravvivere coltivando i suoi sogni, la lotta epica tra il male e il bene, la giustizia e l’ingiustizia, il compiersi inevitabile della tragedia. Una materia difficile, scivolosa, da trattare con attenzione, che potrebbe trasformarsi in una storia patetica e moraleggiante. Ma non nelle mani di uno scrittore russo (in realtà nato in Kirghisia, quando faceva parte dell’Unione Sovietica) che indicava come suoi maestri Tolstoj, Cechov, Bunin, Gor’kij, Majakovskij, Solokov, Tvardovskij. Nelle sue mani, l’intimità e la solennità coincidono, la prosa diventa poesia. 

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letteratura serba

Pekic, “Il tempo dei miracoli”

BORISLAV PEKIC – “Il tempo dei miracoli” – Fanucci

Borislav Pekic è uno dei più importanti e prolifici scrittori serbi del Novecento. Danilo Kis, suo coetaneo e amico, gli ha dedicato una delle biografie che compongono il suo romanzo “Una tomba per Boris Davidovic”. A sua volta, Pecik gli ha dedicato il romanzo “Come placare il vampiro”, una discesa nell’inferno del totalitarismo e nelle esperienze più tragiche e fosche dell’Olocausto. Una considerazione sconsolata: dell’immensa produzione di Pekic, tradotta in quasi tutte le lingue europee, solo due romanzi sono apparsi in Italia: “Come placare il vampiro”, nel 1993 e “Il tempo dei miracoli”, nel 2004. Entrambi i libri sono introvabili. Devo questa copia ad un utente della rete che, non avendo interesse per il libro, invece di buttarlo, l’ha messo in vendita (opera meritoria che permette ai capolavori di restare in vita e di circolare).

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