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letteratura svedese

Strindberg, “La stanza rossa”

AUGUST STRINDBERG – “La stanza rossa” – De Agostini

“… ho letto Strindberg. Non lo leggo per leggerlo, ma per posare la testa sul suo petto. Egli mi tiene come un bambino sul braccio sinistro. Vi sto seduto come un uomo su una statua. Dieci volte in pericolo di scivolar giù, all’undicesimo tentativo siedo saldamente, sono sicuro, e ho un ampio orizzonte.” (Franz Kafka, “Diari”)

Leggete le pagine in cui Falk racconta della sua carriera di burocrate e descrive il funzionamento dell'”Ufficio di accertamento delle Imposte” o della “Direzione Generale delle pensioni degli Impiegati” o, soprattutto, dell'”Ente per il pagamento degli stipendi degli impiegati” e ditemi se, amando Kafka di imperituro amore, riuscite a non rabbrividire all’idea che queste pagine Lui le ha lette e ammirate, probabilmente inorridito e affascinato, ben prima di noi…

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letteratura austriaca

Schnitzler, “Novelle”

ARTHUR SCHNITZLER – “Novelle” – Feltrinelli

“Vi è stato un istante, in cui ho avvertito che non esistono nè gioie nè sofferenze – no, ci sono soltanto smorfie di piacere e di cordoglio; ridiamo e piangiamo e invitiamo la nostra mente ad unirvisi.”

A questo istante, in ogni novella, Schnitzler accompagna il lettore, anzi, lo trascina, anche con una certa fretta. Fornisce gli elementi indispensabili alla comprensione della situazione in cui si sta inoltrando, ma lo fa come per soddisfare ad un obbligo, come se non potesse farne a meno. Ogni volta che leggo Schnitler ho questa sensazione.

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letteratura tedesca

Seghers, “La gita delle ragazze morte”

ANNA SEGHERS – “La gita delle ragazze morte” – Filema

Lena ha il viso liscio e puro come una mela fresca.

Marianne ha gambe lunghe e sottili e il volto nobile e regolare.

Nora è piccoletta, con il naso all’insù.

Lore porta i capelli rossicci ondulati e ha già da un pezzo vere e proprie storie d’amore.

Ida è carina, appariscente e furba.

Gerda ha una testa cavallina, capelli ruvidi e arruffati, denti forti e occhi belli.

Else è robusta e soda come uno gnocchetto.

Sophie ha capelli neri come l’ebano.

A che cosa è valsa la loro giovinezza?

 Questo racconto ha un incedere lento e maestoso, come una messa da requiem. Difficile dimenticare questa musica, quando nel finale diventa intima e struggente come il ricordo di una casa che non esiste più.

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letteratura svizzera

Muschg, “L’impiccato”

ADOLF MUSCHG – “L’impiccato” – Dadò

“Senza storie e senza raccontare storie non si può vivere, ma le storie sono bugie.” (Claudio Magris)

“…come se la fine di tutte le cose avesse fatto capolino e ridendo gli fosse passata accanto.”

Nove racconti precisi e taglienti, nove perfette macchine narrative nella migliore tradizione della letteratura mitteleuropea. Un autore che (ancora una volta) non avrei mai incontrato senza i suggerimenti di lettura convincenti e autorevoli di Magris. Per Muschg, considerato l’erede di Durrenmatt e di Frisch, “la letteratura è una ricerca sulla misura della capacità di sopportare la propria forma di vita”, il tentativo di “trovare delle chiare domande e poi di trovare, per queste domande, una chiara forma”. Quello che il lettore coglie è intensità, passione e smarrimento.

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letteratura austriaca

Stifter, “Cristallo di rocca”

ADALBERT STIFTER – “Cristallo di rocca” – Adelphi

Chiudendo il difficile cerchio dell’armonia.

Si avverte dietro queste righe un lavoro assiduo di ripulitura, di revisione , di riduzione. Perchè quello che Stifter ci mostra è un mondo innocente e quindi, pur nella presenza imponente della natura, innaturale. Come diceva Hofmannsthal, nei boschi di Stifter è assente la vipera del male. Si procede nella lettura temendo quasi che inavvertitamente tutto si trasformi in una melensa favola natalizia. E alla fine ci si accorge che in realtà ogni parola possiede la misura del grande stile.

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letteratura austriaca

Stifter, “Pietre colorate”

ADALBERT STIFTER – “Pietre colorate” – Mondadori

Leggo Stifter e penso a Walser, leggo Walser e penso a Bernhard. Si comincia a camminare in un paesaggio armonioso e rassicurante che sembra tutto comprendere e tutto rispecchiare, si continua senza mai fermarsi perchè ciò che sta fuori deve sostituire quello zero tondo e in definitiva inconsistente che si porta dentro, si prosegue fino all’orlo dell’abisso perchè camminare vuol dire portare in giro il delirio lucido, la variazione infinita, l’esistenza che soccombe e che riversa se stessa in un paesaggio che si fa atroce e malato. Ma il paesaggio è solo un occasione, il viaggio è interiore e le pagine di questi tre autori sono miracolosa letteratura.

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letteratura tedesca

Bergengruen, “La morte a Reval”

WERNER BERGENGRUEN – “La morte a Reval” – Bollati Boringhieri

“Ogni morte ha la sua risata”

Reval è l’antica Tallin, oggi capitale dell’Estonia. Werner Bergengruen è un lettone di origine tedesca, nato a Riga, che ama la sua terra baltica, come tutti i poeti che amano perdutamente la loro terra d’origine forse, anche, perchè ad essa hanno voluto sottrarsi.

“Mio caro, siediti vicino a me. La bottiglia è sul tavolo. E’ autunno, è l’ora del crepuscolo, fuori gridano le cornacchie, ululano i venti. Non senti gemere in purgatorio le povere anime?”

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letteratura tedesca

Bergengruen, “Il grande tiranno”

WERNER BERGENGRUEN – “Il grande tiranno” – Jaca Book

Affascinata da “La morte a Reval”, speravo di ritrovare in questo romanzo la voce di Bergengruen. Ho trovato un romanzo strano, un giallo con un impianto teatrale e una struttura argomentativa su un tema di tutto rispetto, soprattutto se consideriamo che è stato scritto in Germania nel 1935: i rapporti tra il potere e il male. Una sorta di saggio, anche profondo e articolato, che ha però reso l’impianto narrativo artificioso e, in ultima analisi, non necessario.

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letteratura ceca

Havel, “L’Opera dello Straccione e altri testi”

VACLAV HAVEL – “L’Opera dello Straccione e altri testi” – Garzanti

“Nell’autunno del 1963 l’atmosfera culturale piuttosto stagnante di Praga, la “città d’oro”, che sembrava immersa in un sogno destinato a durare immutato nei secoli, come le statue di Braun che dal ponte di Carlo si specchiano nella Moldava, fu improvvisamente scossa da un fremito: un giovane e sconosciuto autore, approfittando dell’allentarsi dei freni della censura, frutto tardivo di una cauta destalinizzazione, aveva portato sulla scena di un teatrino sperduto nei vicoli della Città Vecchia una commedia che pochi avevano visto – il teatro aveva solo duecento posti – ma di cui tutti parlavano e che tutti volevano vedere.” Sembra l’incipit di una favola, ma è l’inizio della Postfazione di Gianlorenzo Pacini.

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letteratura croata

Krleza, “Il ritorno di Filip Latinovicz”

MIROSLAV KRLEZA – “Il ritorno di Filip Latinovicz” – Zandonai

“Dorme la Pannonia, fra il latrato dei cani, lo stormire delle foglie e l’odore del concime che corrode le narici…”

A pag.3 ho incontrato Michele Mari:

“Tutto il lato nord della casa a un piano era scolorito dal vento e a Filip parve strano aver trascorso (una volta, tanto tempo fa) la sua personale e sanguinosa infanzia, così indicibilmente intensa, sotto il tetto di questa casa grigioverde.”

Qries