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letteratura uruguaiana

Juan Carlos Onetti, “La vita breve”

JUAN CARLOS ONETTI – La vita breve – Einaudi

“Ognuno è soltanto un momento eventuale”

Permane, alla fine di questo lungo – e travolgente e sorprendente – romanzo, una vaga nostalgia di stanze chiuse, quasi sempre notturne, con le finestre spalancate su un vento fresco e nero, o serali, con i rumori consueti delle esistenze che si ritirano. Permangono le immagini di innumerevoli oggetti che popolano questi interni, minuziosamente ripresi nelle vaghe sfumature che la luce disegna su di loro. Locali notturni, oppure uffici, camere d’albergo, caffè, ambulatori: una maestria descrittiva che si dipana con una lentezza che si fa spesso sontuosa nel delineare gli ambiti essenziali ai quali si aggrappa una narrazione che prolifera e lievita, a partire da un punto di non ritorno. Perché come si torna indietro dalla fredda constatazione che la vita – qualsiasi vita – è, o diventerà prima o poi, disperata e disperante? E come si continua a vivere con “la sicurezza indimenticabile che non c’è in nessun luogo una donna, un amico, una casa, un libro, nemmeno un vizio, che possano farmi felice”, come constata lucidamente Juan Maria Brausen, il protagonista del libro? Il romanzo di Onetti inizia dunque dove tante opere della più grande letteratura finiscono: dalla constatazione che la vita è fatta di malintesi e che non c’è via d’uscita, che la condizione più naturale per l’uomo è quella del disperato (che sia disperato puro, “incapace di innalzarsi fino all’altezza della sua prova”, oppure disperato debole e impuro, “che proclamerà la propria disperazione sistematicamente e pazientemente […] e sarà sempre in grado di creare il piccolo mondo di cui ha bisogno, sarà sempre disposto a piegarsi, ad assopirsi”, oppure disperato forte, che “sa o è convinto che nessuno potrà consolarlo”, ma che è disposto in qualsiasi momento ad “affrontare la propria disperazione, isolarla, guardarla in faccia”, secondo la onettiana, personalissima teoria della disperazione), perché non si sfugge alla disillusione, alla corruzione della malattia e della vecchiaia, alla scomparsa delle persone care o, peggio, dei sentimenti che un tempo si provavano per loro. Anche se pare che questa consapevolezza sia un dono terribile riservato ad alcuni, perché tanti invece avanzano sicuri “verso il mondo poetico, musicale e plastico del domani”.