J. M. COETZEE – “Vergogna” – Einaudi
Vergogna e disonore. Che cosa è così vergognoso nella vicenda raccontata da Coetzee, che cosa è irrimediabile e imperdonabile al punto da non poter essere cancellato neppure dal più sincero pentimento? In questo bellissimo romanzo vergogna sociale e individuale si fondono, si motivano, si sostengono e, come in un circolo vizioso, non indicano una possibile via d’uscita, un’altra strada percorribile. Bisogna vergognarsi di aver creato un mondo (in questo caso il Sudafrica post-apartheid) dove vivere è pericoloso, dove bisogna difendersi dall’aspirazione alla vendetta, dall’odio atavico di chi ha ereditato il senso dell’ingiustizia e dell’oppressione dalle generazioni precedenti; bisogna vergognarsi di aver creato una società perbenista, pronta a gridare allo scandalo, che dello scandalo si nutre, che sembra godere dell’umiliazione altrui; bisogna vergognarsi dell’esistenza di tutte quelle famiglie “esemplari” che accolgono il reprobo, solo per vederlo inchinarsi di fronte alla loro perfezione con occhi attoniti e scostanti. E poi c’è lui, David Lurie. Di che cosa dovrebbe vergognarsi? Certo, di aver adescato una sua giovane studentessa. Ma dopo le prime pagine diventa sempre più evidente che per Coetzee questo episodio è solo un pretesto.