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letteratura russa

Platonov, “Lo sterro”

ANDREJ PLATONOV – “Lo sterro” – Marsilio

Ho letto “Lo sterro” guidata e accompagnata da due affermazioni che possono essere considerate come sua premessa, ma anche come sua conclusione, oltre a costituire valide motivazioni per accostarsi all’opera di Platonov. La prima è di Iosif Brodskij: “A leggere Platonov, mai pubblicato nella Russia sovietica, si ha il senso della spietata, implacabile assurdità insita nel linguaggio… vi trovate in gabbia, sperduti, abbagliati”. L’altra è di Ivan Verc, docente di Lingua e Letteratura russa presso l’Università di Trieste, curatore della presente edizione: “E’ il sonno della memoria che crea mostri: questo, forse, il testamento che Platonov ci ha lasciato”. Proprio di questa edizione vorrei sottolineare l’accuratezza e la completezza. Fa parte della collana di classici russi “Le betulle” (della Letteratura universale Marsilio), diretta da Vittorio Strada e offre al lettore non solo la possibilità di conoscere un testo e un autore non certo tra i più noti in Italia, ma anche una serie di strumenti che permettono una lettura più consapevole e completa. Mi riferisco alla presenza del testo in lingua originale con traduzione a fronte, al saggio iniziale “Il riscatto della memoria” di Ivan Verc, all’ampia cronologia relativa all’autore e all’opera, al ricchissimo apparato di note al testo che, da sole, costituiscono una piccolo dizionario della propaganda sovietica, indispensabile per comprendere il linguaggio di Platonov e, infine, alla Bibliografia conclusiva. In questo modo la lettura del romanzo non si esaurisce e non si conclude, ma diventa un’opportunità di nuovi e consapevoli percorsi di lettura. Un gioiello insomma, in un panorama editoriale spesso deludente.

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letteratura francese

Vian, “La schiuma dei giorni”

BORIS VIAN, “La schiuma dei giorni”, Marcos y Marcos

“C’era qualcosa di etereo nel modo di suonare di Johnny Hodges, qualche cosa d’inspiegabile e di perfettamente sensuale. La sensualità allo stato puro, liberata dal corpo. Gli angoli della stanza si modificavano e si arrotondavano sotto l’effetto della musica. Ora Colin e Chloé riposavano al centro di una sfera. –Che cos’era?- domandò Chloé –Era The mood to be Wooed- disse Colin –Avevo indovinato- disse Chloé –Visto la forma che ha preso la nostra camera, come pensi che farà il dottore a entrarci?”

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letteratura russa

Kuprin, “La fossa”

ALEKSANDR IVANOVIC KUPRIN – “La fossa” – Rizzoli

La fossa che dà il titolo al romanzo è il quartiere a luci rosse nei sobborghi di Kiev dove, alla fine del 1800 sorgevano trenta e più case di tolleranza, diverse nel prezzo, “nella scelta delle donne più o meno belle, nei vestiti più o meno eleganti, nello sfoggio delle acconciature e nel lusso delle camere”, un quartiere tutto compreso entro due strade, la Grande e la Piccola Jamaskaja, occupate esclusivamente da entrambi i lati da questi locali. La vicenda narrata da Kuprin è la storia di una di queste case, la casa di second’ordine di Anna Markova, una di quelle in cui si pagano due rubli per una visita (in quelle di primo ordine se ne pagano tre; quelle da un rublo o, peggio, da cinquanta copeche, sono sordide e miserabili, le camere da letto sembrano stalle, divise da sottili tramezzi che non arrivano al soffitto, sui letti, al disopra di sacchi di paglia sono buttati lenzuoli “incincignati, stracciati, che il tempo e le macchie hanno scurito”), storia compresa tra il breve apogeo della sua fortuna e il suo repentino crollo, contemporaneo a quello dell’intero quartiere.

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letteratura italiana

Tabucchi, “Sostiene Pereira”

ANTONIO TABUCCHI – “Sostiene Pereira” – Feltrinelli

Antonio Tabucchi insegna Lingua e Letteratura Portoghese all’Università di Siena. Legato da un amore viscerale al Portogallo, è il maggior conoscitore, critico e traduttore dell’opera dello scrittore Fernando Pessoa, dal quale ha attinto i concetti della saudade, della finzione e degli eteronimi. Tabucchi conosce l’opera di Pessoa negli anni sessanta, durante le sessioni che frequenta alla Sorbona, ne rimane talmente affascinato che, tornato in Italia, frequenta un corso di lingua portoghese per comprendere meglio il poeta. I suoi libri e saggi sono stati tradotti in 18 paesi, compreso il Giappone. Con María José de Lancastre, sua moglie, ha tradotto in italiano molte delle opere di Fernando Pessoa, ha scritto un libro di saggi e una commedia teatrale su questo grande scrittore. Ha ottenuto il premio francese “Médicis étranger” per Nocturne indien (Notturno indiano) e il premio Campiello per Sostiene Pereira.

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letteratura inglese

Sacks, “L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello”

OLIVER SACKS – “L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello” – Adelphi

“Sono un appassionato lettore di storie cliniche, ma non ho mai letto dei racconti psicologici così intensi come quelli narrati da Oliver Sacks nell’Uomo che scambiò sua moglie per un cappello. E’ un libro che vorrei consigliare a tutti: medici e malati, lettori di romanzi e di poesia, cultori di psicologia e di metafisica, vagabondi e sedentari, realisti e fantastici. La prima musa di Sacks è la meraviglia per la molteplicità dell’universo”. (Pietro Citati)

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letteratura italiana

Parise, “Sillabari”

GOFFREDO PARISE – “Sillabari” – Adelphi

Avvertenza

Nella vita gli uomini fanno dei programmi perché sanno che, una volta scomparso l’autore, essi possono essere continuati da altri. In poesia è impossibile, non ci sono eredi. Così è toccato a me con questo libro: dodici anni fa giurai a me stesso, preso dalla mano della poesia, di scrivere tanti racconti sui sentimenti umani, così labili, partendo dalla A e arrivando alla Z. Sono poesie in prosa. Ma alla lettera S, nonostante i programmi, la poesia mi ha abbandonato. E a questa lettera ho dovuto fermarmi. La poesia va e viene, vive e muore quando vuole lei, non quando vogliamo noi e non ha discendenti. Mi dispiace ma è così. Un poco come la vita, soprattutto come l’amore.

Gennaio 1982                                                                                       Goffredo Parise

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letteratura americana

O’Connor, “Tutti i racconti”

FLANNERY O’CONNOR, “Tutti i racconti”, Bompiani

Generazioni intere di scrittori hanno riconosciuto in Flannery O’Connor una delle voci più geniali e influenti della letteratura americana del Novecento, attribuendole un posto nella categoria degli “scrittori di culto”, uno status a cui ha contribuito il fatto di aver trascorso una vita particolarmente appartata dalla mondanità letteraria e tragicamente breve. Nata a Savannah, in Georgia, nel 1925, Flannery O’Connor si trasferisce a sette anni nella cittadina di Milledgeville, dove abiterà per tutta la vita. Nel 1947, sei anni dopo la morte del padre, lei e la madre ereditano una grande fattoria: è qui che la O’Connor mette su l’insolito allevamento di pavoni a cui si dedicherà con enorme passione e che diventerà parte integrante della sua immagine pubblica. La passione per la scrittura comincia già all’epoca del college: presso la StateUniversityof Iowa la Flanneryfrequenta corsi e laboratori di letteratura e comincia a inviare racconti alle riviste.

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letteratura russa

Nabokov, “Invito a una decapitazione”

VLADIMIR NABOKOV – “Invito a una decapitazione” – Adelphi

Invito a una decapitazione è un violino nel vuoto. La gente di mondo lo riterrà uno scherzo. Le persone anziane gli volteranno frettolosamente le spalle preferendogli romanzi rosa di ambientazione regionale e biografie di personaggi in vista. Nessuna frequentatrice di circoli femminili fremerà d’entusiasmo. I malpensanti vedranno nella piccola Emmie una sorella della piccola Lolita, e i discepoli dello stregone viennese se la rideranno sotto i baffi nel loro grottesco mondo di sensi di colpa collettivi e di educazione progressista. Ma conosco alcuni lettori che faranno un balzo, scompigliandosi i capelli”.

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letteratura italiana

Landolfi, “Dialogo dei massimi sistemi”

TOMMASO LANDOLFI – “Dialogo dei massimi sistemi” – Adelphi

“Quando mi stimai finalmente in età da poter essere grande poeta senza dar nell’occhio, allora intesi che, sia pure colle debite cautele, avrei dovuto mantenermi in esercizio e che non c’era ormai più nulla da fare. Ebbene, quello che avrei dovuto fare il canto dell’assiuolo ce lo insegna: continuare a inghiottire le notti o almeno prendermi l’impegno di parlare per loro”.

 Tommaso Landolfi nasce nel 1908 a Pico Farnese (ora in provincia di Frosinone) da famiglia nobile. Nel 1932 si laurea in lingua e letteratura russa all’Università di Firenze discutendo una tesi sulla poetessa Anna Achmatova. Sempre a Firenze collabora a diverse riviste quali “Letteratura” e “Campo di Marte”. Più tarde sono invece le collaborazioni con il “Mondo” di Pannunzio e il Corriere della Sera. Fatta eccezioni per brevi soggiorni all’estero, la vita di Landolfi si svolge per lo più tra Roma, le case da gioco di San Remo e Venezia e la residenza di famiglia a Pico Farnese. Nonostante un’esistenza appartata e lontana dai salotti intellettuali e mondani, il suo lavoro è riconosciuto da Eugenio Montale e Italo Calvino, che ne curerà una antologia nel 1982. Dal 1992, le maggiori opere, pubblicate in precedenza da Vallecchi ed altri editori e ormai fuori catalogo, vengono ripubblicate dalla casa editrice Adelphi per la cura di Idolina Landolfi, figlia dell’autore.

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letteratura ceca

Hrabal, “Una solitudine troppo rumorosa”

BOHUMIL HRABAL – “Una solitudine troppo rumorosa” – Einaudi

“Da trentacinque anni lavoro alla carta vecchia ed è la mia love story. Da trentacinque anni presso carta vecchia e libri, da trentacinque anni mi imbratto con i caratteri, sicché assomiglio alle enciclopedie, delle quali in quegli anni avrò pressato sicuramente trenta quintali, sono una brocca piena di acqua viva e morta, basta inclinarsi un poco e da me scorrono pensieri tutti belli, contro la mia volontà sono istruito e così in realtà neppure so quali pensieri sono miei e provengono da me e quali li ho letti, e così in questi trentacinque anni mi sono connesso con me stesso e col mondo intorno a me, perché io quando leggo in realtà non leggo, io infilo una bella frase nel beccuccio e la succhio come una caramella, come se sorseggiarsi a lungo un bicchierino di liquore, finché quel pensiero in me si scioglie come alcool, si infiltra dentro di me così a lungo che mi sta non soltanto nel cuore e nel cervello, ma mi cola per le vene fino alle radicine dei capillari.”