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letteratura polacca

Gombrowicz, “Bacacay”

WITOLD GOMBROWICZ – “Bacacay” – Feltrinelli

“C’è un vento di anarchia corrosiva che attraversa questi racconti” (Francesco M. Cataluccio)

L’atrocità, il paradosso, l’assurdità, il grottesco, persino ciò che è repellente e persino disgustoso. Penso a quanti autori contemporanei hanno trattato e trattano queste materie, a come sia relativamente facile inventarsi storie che si nutrano di queste materie, come sia quasi la garanzia di un meccanismo che funzioni, che compiaccia persino il lettore nella sua ansia di distrazione e di divertimento. Ovviamente qui ci troviamo su un altro pianeta.

Qries
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Conrad, “Vittoria”

JOSEPH CONRAD – “Vittoria” – TEA

Questo non è uno dei libri più famosi e conosciuti di Conrad, ma egli afferma di aver cercato di riversare in “Vittoria” l’essenza della vita più che in qualsiasi altro suo romanzo. E quindi, riemergendo dal fascino ipnotico delle atmosfere esotiche, dallo straniamento imposto dai ritmi dilazionati del racconto, dallo sconcerto provocato dalla improvvisa accelerazione con cui la tragedia, prevista e attesa fin dalle prime pagine, infine si compie, ritengo sia una forma di doveroso omaggio all’”Immenso Conrad” (la definizione è di Michele Mari) il tentativo di scoprire tale essenza, o almeno, di individuarne alcune tracce. Nel racconto “Otto scrittori” (in “Tu, sanguinosa infanzia”), sempre Mari, rivolgendosi a Conrad, dice: “Forse mi sto sbagliando, ma dalle vostre storie io credo di aver capito che se il naufragio delle illusioni è drammatico, vivere tutta la vita nell’illusione è patetico: e voi non siete uno scrittore patetico, voi siete un meraviglioso scrittore drammatico”. L’essenza della vita, quindi, come naufragio delle illusioni.

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