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letteratura italiana

Parise, “Sillabari”

GOFFREDO PARISE – “Sillabari” – Adelphi

Avvertenza

Nella vita gli uomini fanno dei programmi perché sanno che, una volta scomparso l’autore, essi possono essere continuati da altri. In poesia è impossibile, non ci sono eredi. Così è toccato a me con questo libro: dodici anni fa giurai a me stesso, preso dalla mano della poesia, di scrivere tanti racconti sui sentimenti umani, così labili, partendo dalla A e arrivando alla Z. Sono poesie in prosa. Ma alla lettera S, nonostante i programmi, la poesia mi ha abbandonato. E a questa lettera ho dovuto fermarmi. La poesia va e viene, vive e muore quando vuole lei, non quando vogliamo noi e non ha discendenti. Mi dispiace ma è così. Un poco come la vita, soprattutto come l’amore.

Gennaio 1982                                                                                       Goffredo Parise

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letteratura americana

O’Connor, “Tutti i racconti”

FLANNERY O’CONNOR, “Tutti i racconti”, Bompiani

Generazioni intere di scrittori hanno riconosciuto in Flannery O’Connor una delle voci più geniali e influenti della letteratura americana del Novecento, attribuendole un posto nella categoria degli “scrittori di culto”, uno status a cui ha contribuito il fatto di aver trascorso una vita particolarmente appartata dalla mondanità letteraria e tragicamente breve. Nata a Savannah, in Georgia, nel 1925, Flannery O’Connor si trasferisce a sette anni nella cittadina di Milledgeville, dove abiterà per tutta la vita. Nel 1947, sei anni dopo la morte del padre, lei e la madre ereditano una grande fattoria: è qui che la O’Connor mette su l’insolito allevamento di pavoni a cui si dedicherà con enorme passione e che diventerà parte integrante della sua immagine pubblica. La passione per la scrittura comincia già all’epoca del college: presso la StateUniversityof Iowa la Flanneryfrequenta corsi e laboratori di letteratura e comincia a inviare racconti alle riviste.

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letteratura russa

Nabokov, “Invito a una decapitazione”

VLADIMIR NABOKOV – “Invito a una decapitazione” – Adelphi

Invito a una decapitazione è un violino nel vuoto. La gente di mondo lo riterrà uno scherzo. Le persone anziane gli volteranno frettolosamente le spalle preferendogli romanzi rosa di ambientazione regionale e biografie di personaggi in vista. Nessuna frequentatrice di circoli femminili fremerà d’entusiasmo. I malpensanti vedranno nella piccola Emmie una sorella della piccola Lolita, e i discepoli dello stregone viennese se la rideranno sotto i baffi nel loro grottesco mondo di sensi di colpa collettivi e di educazione progressista. Ma conosco alcuni lettori che faranno un balzo, scompigliandosi i capelli”.

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letteratura italiana

Landolfi, “Dialogo dei massimi sistemi”

TOMMASO LANDOLFI – “Dialogo dei massimi sistemi” – Adelphi

“Quando mi stimai finalmente in età da poter essere grande poeta senza dar nell’occhio, allora intesi che, sia pure colle debite cautele, avrei dovuto mantenermi in esercizio e che non c’era ormai più nulla da fare. Ebbene, quello che avrei dovuto fare il canto dell’assiuolo ce lo insegna: continuare a inghiottire le notti o almeno prendermi l’impegno di parlare per loro”.

 Tommaso Landolfi nasce nel 1908 a Pico Farnese (ora in provincia di Frosinone) da famiglia nobile. Nel 1932 si laurea in lingua e letteratura russa all’Università di Firenze discutendo una tesi sulla poetessa Anna Achmatova. Sempre a Firenze collabora a diverse riviste quali “Letteratura” e “Campo di Marte”. Più tarde sono invece le collaborazioni con il “Mondo” di Pannunzio e il Corriere della Sera. Fatta eccezioni per brevi soggiorni all’estero, la vita di Landolfi si svolge per lo più tra Roma, le case da gioco di San Remo e Venezia e la residenza di famiglia a Pico Farnese. Nonostante un’esistenza appartata e lontana dai salotti intellettuali e mondani, il suo lavoro è riconosciuto da Eugenio Montale e Italo Calvino, che ne curerà una antologia nel 1982. Dal 1992, le maggiori opere, pubblicate in precedenza da Vallecchi ed altri editori e ormai fuori catalogo, vengono ripubblicate dalla casa editrice Adelphi per la cura di Idolina Landolfi, figlia dell’autore.

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letteratura ceca

Hrabal, “Una solitudine troppo rumorosa”

BOHUMIL HRABAL – “Una solitudine troppo rumorosa” – Einaudi

“Da trentacinque anni lavoro alla carta vecchia ed è la mia love story. Da trentacinque anni presso carta vecchia e libri, da trentacinque anni mi imbratto con i caratteri, sicché assomiglio alle enciclopedie, delle quali in quegli anni avrò pressato sicuramente trenta quintali, sono una brocca piena di acqua viva e morta, basta inclinarsi un poco e da me scorrono pensieri tutti belli, contro la mia volontà sono istruito e così in realtà neppure so quali pensieri sono miei e provengono da me e quali li ho letti, e così in questi trentacinque anni mi sono connesso con me stesso e col mondo intorno a me, perché io quando leggo in realtà non leggo, io infilo una bella frase nel beccuccio e la succhio come una caramella, come se sorseggiarsi a lungo un bicchierino di liquore, finché quel pensiero in me si scioglie come alcool, si infiltra dentro di me così a lungo che mi sta non soltanto nel cuore e nel cervello, ma mi cola per le vene fino alle radicine dei capillari.”

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letteratura ceca

Fuks, “Il Signor Theodor Mundstock”

LADISLAV FUKS – “Il Signor Theodor Mundstock”- Einaudi

“..Si tratta di un uomo smunto, con le guance grigie e gli occhi immobili rivolti in preghiera verso il cielo. La stella gialla degli ebrei cucita sul cappotto azzurro scuro è ricoperta di polvere, ma stranamente non reca tracce di sangue. La mano di qualcuno tra la folla chinata sull’uomo spolvera la stella, come se volesse far credere agli altri che cerca di scoprire l’identità del morto, e qualcuno quasi impercettibilmente mormora Yisgadal veyiskadash shmé rabbo, sia magnificato e santificato il Suo nome grande…”

Apparso nel 1963, e ambientato nella Praga dell’occupazione nazista, questo romanzo ha proiettato Ladislav Fuks alla ribalta della narrativa ceca del dopoguerra. Descrivendo in chiave paradossale e grottesca, quasi espressionistica, gli ultimi mesi di vita di un piccolo ebreo, il Signor Mundstock, pavido e sensibile antieroe, Fuks trasmette l’angoscia, tutta kafkiana, di una esistenza dominata dalla dimensione della paura e dai complessi di colpa.

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letteratura portoghese

Saramago, “Cecità”

JOSE’ SARAMAGO – “Cecità” – Einaudi

Josè Saramago, premio Nobel per la Letteratura 1998, è lo scrittore portoghese più famoso del mondo. È nato nel 1922 ad Azinhaga, in Portogallo ed è morto nel 2010 dopo una lunga, produttiva e lucidissima vecchiaia trascorsa a Lanzarote, nelle Canarie, con la seconda moglie Pilar e con tre cagnolini.

Ha scritto romanzi geniali, fantasiosi, formalmente elegantissimi e non ha mai deluso i suoi lettori, a testimonianza di quanto possa essere feconda d’ingegno, saggezza ed ironia l’ultima età di un uomo. Saramago non concepisce il lavoro letterario come un piacere individuale. Per lui è un lavoro a volte duro, quasi drammatico. Inoltre non capisce come un autore possa impegnarsi solo con i suoi testi e non con la società in cui vive. Le sue storie sono tutte potenti allegorie, aspramente critiche nei confronti del potere. Saramago non intende l’autore come un eletto dal Cielo che, ispirato, concepisce la sua opera, ma come un combattente che porta avanti la sua personale lotta contro l’indifferenza e la perdita di significato dei tempi moderni. L’universo narrativo di questo autore denuncia le frustrazioni di un’epoca che ha smarrito sia il senso della vita, sia la giustificazione della morte.

In “Cecità”, Saramago ha scelto la via dell’affresco apocalittico per denunciare con intensità di immagini e durezza di accenti la notte dell’etica in cui siamo sprofondati.

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letteratura italiana

Calvino, “Le città invisibili”

ITALO CALVINO – “Le città invisibili” – Oscar Mondatori

E Polo: – L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio.

E’ lo stesso Calvino, in una conferenza da lui tenuta il 29 marzo 1983 agli studenti della Columbia University di New York, a raccontare la genesi di questo romanzo e a delinearne una preziosa presentazione (che introduce la presente edizione). Un romanzo che in realtà oscilla fra il racconto filosofico e quello fantastico-allegorico, in linea con il clima culturale dello strutturalismo, corrente letteraria che tendeva a spiegare la complessità del mondo e dei suoi eventi fisici rappresentandoli in figure ed emblemi.

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letteratura italiana

Bellezza, “Poesie. 1971 – 1996”

Dario Bellezza“Poesie. 1971 – 1996” – Oscar Mondatori

“I poeti animali parlanti
sciagurano in bellezza versi
profumati – nessuno li legge,
nessuno li ascolta. Gridano
nel deserto la loro legge di gravità.”

Dario Bellezza è uno dei grandi poeti del secondo Novecento italiano che non deve essere dimenticato e che merita di essere letto e conosciuto in quest’epoca così avara nel nostro paese di voci autonome, inconfondibili, capaci di rinnovare la tradizione della nostra poesia, anche a costo di sofferte infrazioni e trasgressioni.

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letteratura italiana

Buzzati, “La nera”

DINO BUZZATI – La “nera”- 2 Vol. Oscar Mondadori

Sto rileggendo Buzzati. Rileggendo, perché lo stile inconfondibile delle sue storie accompagna da sempre la mia passione per la letteratura. Un omaggio alla straordinaria creatività di uno scrittore che sa approfittare di insospettabili squarci nella nostra affrettata quotidianità per dare vita ad un impianto narrativo potente, incisivo e formalmente sempre elegante.

Quello che non conoscevo era il Buzzati giornalista. Questi due volumi raccolgono gli articoli di cronaca scritti da Buzzati per “Il Corriere della Sera” e per “Il Corriere d’informazione” tra il 1945 e il 1971. E’ la testimonianza di un giornalismo d’altri tempi, quando l’interesse del cronista non era quello di suscitare la morbosità dei lettori, ma semplicemente di informare. Già questo basterebbe come lezione di professionalità e, soprattutto, di rispetto per le tragedie che spesso la cronaca ha il compito di raccontare. La “nera” di Buzzati è anche altro.

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